Si è svolta ieri l’accensione della Focara, l’evento di Novoli che ogni anno accoglie migliaia di visitatori e che è legato alle festività del patrono S. Antonio Abate. Un’accensione però che ha avuto il sottofondo di qualche polemica che ha infiammato i novolesi ben prima del famoso falò di tralci di vite.
Motivo della controversia è stata l’installazione dei cavalli in cartapesta di Mimmo Paladino, noto scultore contemporaneo famoso per la sua opera “Montagna di sale” e che avrebbe scelto la Fòcara di Novoli per mostrare le sue opere.
“Non c’entrano niente, che ci azzecca S. Antonio coi cavalli?”, “Vogliamo la Fòcara senza alcun giocattolo in mezzo!”, “Credo che ci stia facendo contagiare dal consumismo!”. Sono questi e tantissimi altri i commenti di chi quei cavalli proprio non li ha digeriti. E non son pochi a quanto pare, perché i novolesi hanno firmato una vera e propria petizione per eliminare l’installazione prima che il falò prendesse fuoco.
“Giù le mani dalla Fòcara” è stato il motto della petizione, che ha raccolto 470 firme di cittadini di Novoli e dintorni e che sono state protocollate il 13 gennaio. Tali firme però, non hanno sortito alcun effetto, perché i cavalli là son rimasti e adesso bruciano assieme al simbolo di una tradizione secolare. La storia delle petizioni inascoltate è diventata ormai la scena di un film già visto. Perché quando si decide dall’alto, ai cittadini non resta che combattere coi mulini a vento.
E a nulla sono valse le argomentazioni del comitato civico che si è costituito spontaneamente e che ha portato avanti la battaglia contro i cavalli di Mimmo Paladino, che per quanto quotati e di prestigio (cito le parole nella petizione indirizzata al Sindaco) “nulla hanno a che vedere con la storia, la cultura e l’impostazione della Fòcara.”
Il falò di S. Antonio Abate infatti è un monumento “alla devozione classica, senza orpelli artistici”, senza cioè null’altro che fasci di vite che bruciano. Impreziosirlo con opere d’arte o con qualsiasi altra trovata, serve soltanto a dare un’interpretazione errata di quello che è. Secondo la tradizione religiosa infatti, S. Antonio è il santo del fuoco e chi ha a che fare con esso, riceve la sua protezione. I falò dedicati al santo sono quindi un modo per omaggiarlo e per richiedere da lui aiuto e sostegno.
Non solo, secondo il Comitato questa iniziativa che è stata presa senza interpellare i cittadini, potrebbe creare un precedente e rischiare di rendere l’evento della Fòcara un mero mezzo di consumismo, andando a distruggere il fondamento su cui si basa la tradizione del falò.
Nessuna replica da parte di organizzatori e amministrazione e resta da vedere se negli anni a venire l’appello ad informare i cittadini delle iniziative riguardanti la manifestazione, venga ascoltato.
Intanto, mentre metà dei cavalli è andata in fumo assieme ad una parte del falò, non ci si risparmia dal chiedersi se il prossimo anno non sia il caso di affiggere un “divieto di affissione” sui tralci di vite.