La Scu si rigenera e rinasce, con la nuova generazione. Figli e nipoti, anche giovanissimi, dei boss dei diversi clan, in carcere o eliminati, hanno ereditato il loro potere e preso in mano le redini del controllo del territorio.
Questo è l’allarme lanciato dal procuratore della direzione distrettuale antimafia Cataldo Motta, nella consueta relazione annuale sull’amministrazione della giustizia.
Una sorta di preoccupante passaggio del testimone- scrive il procuratore- alla nuova generazione che molto spesso trova l’appoggio di familiari, usciti di prigione, anche attraverso la liberazione anticipata. Questa situazione “non autorizza alcun ottimismo sul possibile ridimensionamento ed indebolimento dell’associazione mafiosa”, nonostante il lavoro costante degli inquirenti. I clan, insomma, seppur ridimensionati dall’azione di contrasto della magistratura e delle forze dell’ordine, puntano a riprendere e ad espandere il loro controllo del territorio. Ciò che è cambiato, nel corso tempo, sono le strategie criminali: alla capacità intimidatoria si affianca la ricerca del consenso e dell’approvazione popolare.
Si è aperta una nuova stagione che Motta ha ribattezzato come la “la stagione dei fuochi d’artificio”. Sempre più spesso, infatti, scarcerazioni e manifestazioni di solidarietà ai detenuti, sono celebrate con l’esplosione di fuochi pirotecnici. Anche per questo i clan hanno realizzato una sorta di pacificazione interna, e sfruttano sempre più la crescente e dilagante crisi economica, per ottenere maggiore consenso.
Accanto ai cosiddetti reati economici, all’usura e all’estorsione, restano le attività criminali di tipo “classico”. A partire dal traffico di sostanze stupefacenti, soprattutto con l’Albania. Anche se la nuova frontiera della criminalità organizzata è senza dubbio quella del favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e del traffico di esseri umani.