Il senatore Alberto Tedesco, passato dal Pd al gruppo misto del Senato, è molto severo con gli ex compagni di partito: non cercherà più di tornare nel partito di Bersani, ma sta già lavorando alla costruzione di un’area socialista che scenda in campo alle prossime politiche.
Intanto, giungono le novità sul ciclone giudiziario barese: questa volta c’è anche Vendola nel mirino dei magistrati.
Senatore, il ‘metodo Vendola’, che consiste nel mandare a casa tutti coloro che sono al centro di un’inchiesta giudiziaria, è tramontato, perché il governatore non può mandare via pure se stesso. Insomma, siamo di fronte a un “giustiziere giustiziato” o a una magistratura troppo zelante?
«Se si guarda ai fatti, si tratta di una grande bolla di sapone. Vendola ha agito nell’interesse di una migliore qualità della struttura ospedaliera. Dal punto di vista politico c’è un’incoerenza, ma è un atteggiamento responsabile, perché non si può lasciare, in questo momento, un vuoto di potere in Regione».
Se il presunto abuso di ufficio, per favorire il prof. Paolo Sardelli, è nell’interesse di una migliore sanità pugliese, la revoca della maxi transazione col nosocomio ecclesiastico Miulli come la giudica?
«Anche su quella, per quello che mi riguarda e per quello che passa dalle mie mani, c’è un’ingerenza della magistratura, francamente, sospetta. Tuttavia anche lì bisogna aspettare i pronunciamenti del giudice: c’è un avvitamento della magistratura sulle vicende della sanità, dal quale gli stessi inquirenti non sanno più uscire. È come quando si spara a raffica e si rischia di colpire persone assolutamente inermi, comunque estranee al conflitto».
Quindi, meglio l’incoerenza di Vendola che una Regione allo sbando?
«È un’incoerenza ragionata, rispetto alla quale prevale un senso di responsabilità. Ripeto: in questo momento, lasciare un vuoto di potere e portare la Regione alle elezioni, dalla prossima primavera, non mi pare la cosa migliore».
Non è preoccupato per le inchieste giudiziarie a suo carico?
«Sono tranquillo. A questo punto la palla passa ai giudici che stanno vagliando le richieste di rinvio a giudizio: ora comincerà, dal 21 settembre, quella fase processuale che avevamo auspicato da sempre e che consentirà a tutti di far sentire le proprie ragioni e di portare prove a discolpa o a carico per formare il giudizio finale».
Eppure sembra che l’Idv, già qualche mese prima dell’annuncio di Vendola, si fosse riunita a Roma per discutere dell’eventuale richiesta di dimissioni del governatore in seguito alla sua iscrizione sul registro degli indagati.
«Io le do una notizia: l’Idv in Puglia non esiste, è un partito liquefatto, dopo l’abbandono dei consiglieri regionali. La stessa cosa accadrà a livello nazionale: si veda il capogruppo alla Camera, che comincia a prendere le distanze da Di Pietro. In Puglia si tratta di un partito in dissoluzione, pieno di personaggi in cerca d’autore che ormai non hanno più nemmeno il voto della propria moglie. È un partito reazionario, che sconta le sue posizioni».
Cosa ne pensa del ritorno di Frisullo dopo tre anni di silenzio?
«Dopo la mia uscita dal Partito Democratico, cerco di non commentare le questioni interne a quel partito. Comunque, non so se questo ritorno sarà assecondato dal Pd. Lasciamo perdere i dirigenti regionali, che sono assolutamente inermi rispetto alla complessità dal momento politico, ma la dirigenza nazionale non accoglierà più Frisullo: lo dico in base al comportamento che hanno avuto con me».
Lei cosa farà ora che non è più nel Pd?
«Mi sono rifatto la mia identità socialista, che in realtà non ho mai abbandonato: quando ho deciso di aderire alla fase costituente del Pd, avevo intenzione di contaminare il partito con la mia identità socialista, ma ho avuto, anche da questo punto di vista, una grande disillusione. Oggi, riprendo quel discorso con le forze socialiste e laiche che, pur confermando la scelta di rimanere nel centrosinistra, possano unirsi e non andare a vendere il proprio patrimonio di idealità».
Alberto Capraro