Così come richiesto dal procuratore generale Donato Maruccia è stata riconosciuta l’aggravante delle armi e sono state aumentate le condanne a carico degli imputati finiti sotto processo nell’ambito del processo “Remetior” che il 16 luglio 2010 scorso portò all’esecuzione di 19 ordinanze di custodia cautelare. La sentenza è stata pronunciata dai giudici, (Presidente Vincenzo Scardia).
Le condanne: la pene più severe sono state inflitte a Giosué Primiceri detto “Gegè”, 49enne di Trepuzzi, a 18 anni e due mesi e a Pietro Rampino, 18 anni e 4 mesi. Poi: Alessandro Ancora, di Giorgilorio a 13 anni e 10 mesi, Antonio Caramuscio, (fratello di Salvatore), 37enne di Surbo, detto “Saramau” o “Uno”, a 9 anni e 4 mesi, Leandro Luggeri, 32enne di Trepuzzi, a 11 anni e 9 mesi, Luca Spagnolo a 11 anni e 2 mesi, Riccardo Buscicchio, a 10 anni, Salvatore Perrone (detto “Friculinu”), a 11, Gianluca Pepe, alias “Pesciolino”, a 16 anni e 5 mesi, Vincenzo Caretto, detto “Golia”, a nove, così come Cosimo Miglietta e Gianni Dolce, di Lizzanello, Stefano Ciurla a 6 anni, Stefano Elia, di Torchiarolo, ad 8 anni e 6 mesi, e Marco Malinconico, di Lecce, a 9 anni e 6 mesi.
Gli arresti, eseguiti dagli agenti della Squadra Mobile di Lecce, consenirono di sgominare un presunto clan criminale che agiva nel nord Salento e che avrebbe fatto capo a Salvatore Caramuscio. Il sodalizio avrebbe agito fra Lecce, Surbo, Squinzano e Trepuzzi ed era dedito a varie attività criminali tra cui l’estorsione, l’usura, il traffico di droga (cocaina e hashish), la detenzione di armi da fuoco e munizionamento da guerra e la gestione di bische clandestine. Diversi i beni sequestrati nell’ambito dell’operazione, per un valore complessivo di circa mezzo milione di euro. Tra questi un terreno di 8mila metri quadri, vicino a Squinzano, autovetture e moto, un’imbarcazione e persino di un allevamento di cavalli nei pressi di Surbo. Caramuscio venne arrestato in provincia di Bari dopo che era stato inserito nella lista dei 100 latitanti più pericolosi d’Italia. Gli imputati erano difesi tra gli altri dagli avvocati David Alemanno, Donata Perrone, Giovanni Valentini, Pantaleo Cannoletta, Luigi Rella, Pantaleo Cannoletta, Francesca Conte, Laura Minosi e Giancarlo Dei Lazzaretti.