di Francesco Oliva
SOGLIANO CAVOUR (Lecce) – “Lo zio”. Era il nomignolo con cui un bambino di appena cinque anni chiamava il compagno della madre. “Lo zio”, in realtà, si sarebbe rivelato un patrigno violento, molesto e crudele. Come la mamma. O forse anche peggio. Tra le mura domestiche lo “zio” si sarebbe accanito a più riprese contro il corpo di quel bambino logorato nel fisico e consumato nell’animo. Con difficoltà a comunicare. Con crisi di pianto e uno stato di malessere continuo. Senza che la madre del piccolo si opponesse. Anzi. Da questa mattina lo “zio” si trova confinato ai domiciliari (il sostituto procuratore Maria Rosaria Micucci aveva avanzato richiesta di carcere, rigettata dal gip Antonia Martalò); alla madre del piccolo, invece, è stata applicata la misura interdittiva della sospensione dell’esercizio della responsabilità genitoriale. I due giovani conviventi, difesi dall’avvocato Simona Mancini, sono accusati di maltrattamenti aggravati dalla minore età, danneggiamento, violazione di domicilio e minaccia aggravata.
La vicenda, che sembra affiorare da un Salento troppo arcaico e lontano da foto, immagini e recensioni conquistate negli ultimi anni con il volto bello e pulito di una terra accogliente, arriva da Sogliano Cavour. Una storia abominevole, di infanzia violata, su cui gli agenti del Commissariato di Galatina (diretti dal vicequestore aggiunto Giovanni Bono) hanno alzato il velo grazie ad alcune denunce depositate dal nonno materno. A febbraio l’anziano si è presentato negli uffici di polizia. Ha messo nero su bianco le accuse contro la figlia e il suo compagno. Ha raccontato di come il nipote appariva denutrito, sofferente, con ecchimosi varie, refrattario a farsi accarezzare in testa, con lividi sotto un occhio e le orecchie nere per i maltrattamenti subìti dallo “zio”. “Un soggetto privo di autocontenimento e privo di ogni freno inibitore” viene definito dal gip nel capitolo dell’ordinanza riservato ai gravi indizi di colpevolezza a carico dei due indagati. Da settembre a febbraio il patrigno avrebbe ripetutamente picchiato il piccolo. Pugni in testa e su altre parti del corpo. Schiaffi al volto, tirate di orecchie per alzare il bambino da terra che, nel tempo, avrebbe riportato i segni di quelle violenze sul corpo: ecchimosi e graffi vari.
Gli investigatori hanno così scoperchiato il pentolone maleodorante su quanto accadeva tra le pareti domestiche dove il dramma di una piccola creatura si sarebbe alimentato nel silenzio e nelle complicità di chi lo avrebbe dovuto accudire e difendere. Una serie di abusi e maltrattamenti senza che la madre si opponesse. Anzi. Per le indagini la donna sarebbe stata complice del compagno. Per dirla con le parole del gip “la madre ha sempre prestato una colpevole acquiescenza ai comportamenti violenti del compagno venendo meno ai propri obblighi genitoriali”. Pur avendo l’obbligo di vigilare e accudire il figlio non si sarebbe mai opposta alle sevizie e alle violenze. Tutt’altro. Avrebbe chiuso tutti e due gli occhi. In alcuni casi anche la donna si sarebbe accanita sul piccolo. La giovane mamma avrebbe maltrattato il piccolo costringendolo a lavarsi da solo e lasciandolo sporco nelle varie parti del corpo (piedi, orecchie, schiena) che il bambino non era in grado di pulirsi. Il piccolo sarebbe stato lasciato per più giorni con i vestiti insudiciati senza cambi di biancheria e scarsamente nutrito. “La mamma non fa niente quando lo zio mi picchiava” avrebbe raccontato il bimbo in uno slancio di sincerità e di frustrazione. Dichiarazioni confluite nella relazione della psicologa in cui la consulente nominata dalla Procura evidenziava che il piccolo, di aspetto molto magro, appariva poco curato per lo scarso igiene e palesava malessere e sofferenze.
Un quadro estremamente degradato, scandito da violenza, indifferenza, rabbia e vendetta. Vendetta covata dalla coppia e sfogata non appena il piccolo venne allontanato da casa per trovare rifugio da una zia. La madre del piccolo avrebbe organizzato una spedizione punitiva contro il padre colpevole di aver denunciato i maltrattamenti in Commissariato e di aver poi dato il via libera all’allontanamento del bambino. La coppia si sarebbe presentata in casa dell’anziano. L’uomo non era presente. In casa hanno trovato la compagna minacciata di morte con una pistola se non avesse lasciato con l’anziano il paese nelle successive 24 ore e poi costretta ad inginocchiarsi a terra. I danni maggiori sarebbero stati arrecati ai mobili e ai suppellettili presenti nell’abitazione compreso un acquario con la conseguente moria dei pesci.
Il quadro accusatorio si è poi arricchito con altre denunce presentate sempre dal nonno, con un fascicolo fotografico sulle lesioni e le ferite riportate dal piccolo e gli esiti dell’ascolto del minore alla presenza di un’assistente sociale e della psicologa nominata dal pubblico ministero. In quella sede sono state definitivamente cristallizzate le accuse con le conferme fornite dal piccolo sui maltrattamenti ricevuti. I due indagati hanno anche provato a minare la credibilità del denunciante segnalando (falsamente) il possesso di un’arma del denunciante. Tutto falso. Tutto miseramente falso secondo le indagini. Sulla scorta di questi elementi il bambino è stato allontanato e collocato in casa di una zia dove, si spera, il tempo, il calore e l’affetto della sua “nuova famiglia” possano cancellare i ricordi di un’infanzia violata nel corpo e nello spirito a soli cinque anni. L’interrogatorio di garanzia del patrigno e della mamma è fissato per lunedì.