di F.Oli.
LECCE – Trentuno indagati per centotrentadue case probabilmente assegnate in maniera irregolare. Sono i numeri dell’indagine bis nell’inchiesta sugli alloggi parcheggio. In questo filone compaiono i nomi degli ex sindaci Adriana Poli Bortone e Paolo Perrone, così come riportato un’informativa datata 30 novembre 2016 dai militari del Nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza. Secondo gli investigatori gli indagati “in concorso tra loro per aver mediante atti contrari ai doveri del proprio ufficio (Poli Bortone quale sindaco del Comune di Lecce fino al 2007; Perrone come sindaco dal 2007; Marti e Monosi quali assessori pro tempore; Pasqualini quale responsabile di fatto; Gorgoni, come coordinatore; Elia, Maniglio, Guido, Rollo e Puce, quali dirigenti dell’ufficio casa), assegnato per emergenza abitativa alloggi Erp impropriamente denominati case parcheggio in numero pari a 132 senza la preventiva autorizzazione da parte della Giunta Regionale e di fatto in maniera definitiva atteso che le relative determine non indicavano termini di scadenza, così sottraendo di fatto tali alloggi alle graduatorie vigenti”.
Nel provvedimento (che non è sfociato in una contestazione da parte della Procura) ci sono anche i nomi di Maurizio Guido, Alfredo Barone, Cosimo Montinaro, Marco Cannone, l’ex segretario generale Domenico Maresca, l’ex capo di gabinetto Maria Luisa De Salvo, l’allora dirigente all’Urbanistica Raffaele Attisani, l’ex capo dell’Ufficio tecnico Luigi Maniglio, l’ex consigliere regionale del movimento “Azzurro Popolare” Vito Leonardo Aloisi, Nicola Elia, ex dirigente comunale. Poi ancora: Francesco Lipari, Monica Della Tommasa, Salah Zineddine, Maria Giuseppa Monteduro, Giuseppe Todisco, Anna Rita Palazzo, Franco Vadacca, Francesco De Donno, Sandro Simini, Francesca Sileno, Habip Abbazi, Daniela Sileno, Sabrina Castelluzzo, Anna Grazia Elia, Marco Frau, Patrizia Greco, Luana Marino, Stefania Gaetani, Maria Vincenza Caputo. Le accuse contestate, a vario titolo, sono quelle di abuso e omissione di atti d’ufficio, falso e invasione di edifici. Non compaiono reati associativi o ipotesi di corruzione elettorale così come invece contestato nel primo filone dell’inchiesta.
Lo stralcio viene motivato così dai pubblici ministeri Roberta Licci e Massimiliano Carducci: “Rilevata la necessità di disporre la separazione del procedimento in relazione agli indagati di seguito indicati le cui posizioni non sono suscettibili di immediata definizione rispetto agli indagati per le quali le indagini sono concluse; che non vi sono motivi ostativi alla separazione dispone la separazione degli atti del presente procedimento e la formazione di un nuovo fascicolo processuale”.