La Rubrica degli opinionisti è una sezione del giornale che permette agli esperti di esprimere un punto di vista su fatti relativi a costume, società, politica, sport. Tutti i contenuti di questa rubrica non sono opera della redazione e/o esprimono pensieri e opinioni del Corriere Salentino.
Chi non conosce la storia di Don Camillo e del sindaco Peppone, le cui continue lotte, terminate sempre con calorosi abbracci, hanno caratterizzato uno scontro che non era solo politico, bensì più alto, perché entrambi non volevano solo “amministrare” Brescello, ma volevano occuparsi del bene più alto dei suoi abitanti, volevano renderli felici. Chi passando dall’insegnamento della sana dottrina sociale della Chiesa, chi tentando di realizzare l’ideologia comunista.
Ora Guareschi, pur essendo un feroce anticomunista, preferendo naturaliter Don Camillo all’ateo Peppone, cercava di evidenziare i limiti di entrambi, specie quelli caratteriali e per farlo poneva al centro della loro querelle, il Crocefisso con il quale Don Camillo si confronta, parla, a volte anche con una insolente confidenza, ma in fondo con grande devozione.
Ecco, probabilmente intenzione di Guareschi non era quella di esaltare il sacerdote di Brescello agli occhi del lettore, né quella di demonizzare Peppone; ma forse, era mettere al centro il Crocefisso, portandolo da soggetto apparentemente terzo, a vero protagonista della scena.
E’ il Crocefisso che permette a Don Camillo e Peppone di ritrovarsi sul tavolo comune della realtà e del bene dei cittadini, di cui sono guida spirituale e politica amministrativa. Peppone quindi, in quasi tutti i racconti ne esce solo apparentemente sconfitto, perché alla fine riesce a farsi amare dal popolo perché si fa guidare nell’amministrazione del paese, secondo buon senso, non riuscendo di fatto mai a poter realizzare quella rivoluzione comunista che tanto vorrebbe, proprio grazie alla mediazione del Crocefisso e a Don Camillo.
Ed è a questo punto che entra in scena il nostro sindaco.
Lui, purtroppo, un Crocefisso o un don Camillo che possa consigliarlo nel momento delle scelte importanti non ce l’ha, probabilmente non ritiene che gli serva. Salvemini e Peppone pensano di fare il bene dei cittadini, prescindendo da quello che i cittadini richiedono per esser tali. Che poi torniamo sempre alla solita questione:” se la realtà è diversa da come me la immagino, tanto peggio per la realtà”, oppure “ Tanto peggio per i fatti, se non si accordano con la teoria”. Eccovi alcuni esempi.
Carlo Salvemini pensa di poter risolvere il traffico a Lecce “rieducando” i cittadini all’utilizzo dell’autovettura. Di per se è corretto, chi non vorrebbe meno inquinamento, meno traffico, più zone pedonali ed avere la casetta del mulino bianco? Sono però sbagliate le modalità e soprattutto le tempistiche con cui Salvemini opera. Una città può e deve migliorarsi, ma tutta insieme. Non si può far felici gli ambientalisti di via XXV luglio e fare morire asfissiati gli abitanti di viale Lo Re, in. Così come non si può rendere felici i ciclisti e fare “castimare” gli automobilisti, sol perché ci piace andare in bicicletta. Fortuna che non gli piacciono i pattini. Diversamente non si è il sindaco di tutti, ma di qualcuno.
In un anno Salvemini ha: 1) ridotto i parcheggi, soprattutto quelli in centro, 2) tassato i posti auto dell’ospedale, che prima erano gratuiti, 3) aumentato il costo dei parcheggi in centro, penalizzando dipendenti, commercianti, professionisti, turisti; 4) Non ha creato nuovi posti auto; 5) Ha voluto in predissesto il Comune di Lecce pur non essendo necessario.
La volontà di aumentare il costo dei parcheggi in centro è stata giustificata poichè servirebbe ad evitare che le auto rimangano parcheggiate a lungo, impedendo un più celere scambio dei veicoli. In sostanza come i carri armati di Mussolini: avendone pochi venivano fatti spostare per farli sembrare di più! Al pari di come ironicamente parlando è riuscito ad eliminare i parcheggiatori abusivi dalle zone di sosta del Fazzi, inserendo le semplici strisce blu. Risultato: gli abusivi rimangono, ed i parcheggi sono a pagamento.
La verità è un’altra: aumentando il costo dei parcheggi si tassano i cittadini, non si risolve il problema del traffico e si continua ad usare il codice della strada come grimaldello per fare cassa.
La domanda mi viene spontanea: se a Lecce tutti smettessimo di prendere l’auto, il comune da dove recupererebbe i soldi che oggi introita dalle sanzioni stradali e/o dal pagamento parcheggi? Rimane altresì in piedi, perchè non ancora risolta, la questione giuridica secondo la quale un grattino scaduto non permetterebbe la sanzione come se il grattino non fosse proprio stato fatto. Quindi aumenterebbero le sanzioni, i ricorsi senza ottenere alcun beneficio.
A questo si aggiunga che è caduto nel vuoto l’annuncio del Sindaco del 22 agosto 2018, con il quale pubblicava una missiva ricevuta da Fervida, società che si dovrebbe occupare della gestione dei parcheggi Ex Enel, con la quale assicurava che: “entro settembre si terrà una conferenza stampa per l’illustrazione dei dettagli e l’indicazione dei tempi necessari all’apertura alla città”! Forse il fatto che si vogliano aumentare i costi dei parcheggi in centro, mi fa intendere che ancora siamo lontani dall’utilizzo di quella struttura.
Alla luce di queste fughe del Sindaco che vuole inasprire la tassazione dei parcheggi, ovvero ne trasforma taluni da gratuiti ad onerosi, non posso che giungere alla conclusione che per il Sindaco tassare i leccesi per i parcheggi è corretto, farlo per “salvare, senza salvare ” ipse dixit la Lupiae e i suoi dipendenti sarebbe ingiusto.
La differenza però è che la Lupiae svolge servizi per la città, e sono quindi giustificabili degli interventi di sostegno; al contrario aumentare il prezzo dei parcheggi nel centro, dove già sono i più alti in città, sarebbe una tassa continua per non avere di fatto alcun beneficio e servizio.
Ma la novità è quanto accaduto il 28 settembre 2018, quando il Sindaco ha di fatto imposto, minacciando per l’ennesima volta le dimissioni ( che continua a ripetere da marzo che non si annunciano ma si danno) , l’approvazione della delibera comunale che di fatto consegna la politica economica della città almeno per i prossimi cinque anni alla Corte dei Conti e al Ministero. Quello stesso Ministero che permette il superamento del deficit del 2,4 per superiori interessi nazionali, mentre il Sindaco ha deciso di evirarsi in un periodo in cui il rigorismo viene considerato errato.
In sostanza il Sindaco ha scelto deliberatamente e senza che ce ne fosse la necessità, ma per sue valutazioni di carattere squisitamente politico/amministrativo, di votare il pre-dissesto del comune di Lecce.
Il Sindaco voleva che la necessità di tale “dolorosa scelta” ricadesse politicamente sulla precedente amministrazione, volendo essere cassa di risonanza di se stesso quando era all’opposizione, della serie: ve lo dicevo che avevo ragione. Ma perché farlo se non era necessario? Rifugiarsi nel 243 bis del Tuel (testo unico degli enti locali) è stata in realtà una prova di debolezza dell’attuale maggioranza che ha preferito di fatto lavarsi le mani su ogni scelta politico economica, dimostrando al contempo di non sapersene occupare. L’attuale giunta quindi, ha preferito legarsi le mani, pur di fare un dispetto agli avversari politici, dimostrando chiaramente incapacità nel gestire una situazione delicata, ma non catastrofica, come del resto aveva detto la Corte dei Conti a seguito della convocazione del Sindaco.
Verrebbe da dire, mutuando Guareschi “Via di qui, razza sacrilega”!
Riccardo Rodelli