LECCE – “La vera casa dell’uomo politico è la strada”. Carlo Salvemini esordisce con una citazione per dire che non ha preparato il suo discorso, ma che si riempirà di parole e proposte ascoltate per strada. “La partecipazione è come un atto di amore per la città. È guardare la città con gli occhi degli altri, dal punto di vista dell’interesse pubblico e non come una somma di interessi privati. Chi governa ha il compito della mediazione, sintesi e scelta, che significa prendere posizione” – spiega il candidato sindaco. Nella terza giornata di partecipazione, concepita come una festa al centro della Villa Comunale, per raccontare i contenuti dei tavoli tematici tenutisi nelle giornate del 3 e del 10 marzo, Salvemini fa un discorso molto vicino al sentiment di sinistra. Ricorda l’importanza della data del 17 marzo per l’Italia unita e poi spiega l’esigenza di puntare allo jus soli: concedere la cittadinanza italiana a tutti i bambini nati in Italia, anche se da genitori stranieri.
Una necessità per Salvemini, che ricorda la cerimonia di conferimento della cittadinanza leccese effettuata un anno prima proprio su suo impulso. “Furono momenti d’intensa emozione” – ricorda il candidato sindaco. Il discorso vira sulla solidarietà, sull’apertura ai migranti.
Poi, l’elogio della partecipazione: “Un lavoro che esprime tutto l’impegno, la creatività, la competenza che i partecipanti hanno profuso ai tavoli e che hanno indicato le priorità di intervento al prossimo governo cittadino”. Il candidato del centrosinistra respinge le accuse di città in bianco e nero, triste: “Io vedo tutt’altro. I cittadini sono maturi. Se vi piacciono i colori, fatevi travolgere dalla mostra di Van Gogh, agli Agostiniani, che siamo riusciti a portare noi”. L’intervento sull’Acquatina, la rotatoria di Via Roggerone, il campionato di scherma under 20, le mostre d’arte sono alcune delle cose fatte che il sindaco uscente cita: “Sono semine, un lavoro, che se si ha la pazienza di aspettare, restituisce i frutti”. Il rammarico per Carlo Salvemini è non aver potuto concludere il lavoro iniziato nei 5 anni previsti. Alessandro Delli Noci ci va giù duro contro i suoi ex compagni di coalizione: dipinge un centrodestra in preda agli interessi personali, completamente privo di spirito pubblico.
La mattinata si è aperta con l’introduzione di Alessandro Delli Noci, che ha detto: “Oggi abbiamo dimostrato quanta voglia ci sia in città di partecipare e di sentirsi parte della comunità. Oggi abbiamo dimostrato cosa significa partecipare. Significa esserci, contribuire con le proprie idee e con le proprie proposte, impiegare il proprio tempo per un obiettivo comune che guarda al bene collettivo. Partecipare è complicato, non è semplicemente chiamare i cittadini al voto, è chiamarli per decidere insieme la strada da seguire per rendere la città migliore. Noi lo abbiamo fatto e continueremo a farlo, continueremo non ad avvolgere la città ma a coinvolgerla”. E poi ha aggiunto: “Oggi in piazza Palio c’è chi finge la partecipazione, e io lì vedo il passato della città che si confronta con i soliti metodi per incoronare un re, per stabilire chi comanda. Quei metodi da cui io e tanti amici siamo scappati perché non ci ritrovavamo, scegliendo già nel 2017 le primarie delle idee che oggi stiamo facendo rifiorire grazie a Carlo Salvemini”.
Salvemini elogia il suo potenziale vice e dice che gli somiglia. Nessuna “intesa tra diversi”, né “accordo strumentale”. “Da una parte c’è il potere come sostantivo e come comando e come dominio, qui c’è un patto per il potere come verbo servile: poter cambiare, poter migliorare, potere trasformare, questa è la grande differenza”. Carlo Salvemini promette di fare “cose nuove con persone nuove”, “mentre c’è chi propone di fare cose vecchie con persone nuove o cose vecchie con persone vecchie”.