LECCE – La moneta digitale progettata dall’imprenditore romano Daniele Marinelli supera con successo una lunga battaglia contro gli “haters” che l’avevano denigrata su Google e su Facebook. Nell’articolo che segue approfondiamo il provvedimento dell’Autorità per la Protezione dei Dati Personali, interessante soprattutto dal punto di vista della lotta alle “fake news” e alle attività di “hate speeching”.
Ancora una volta il diritto alla deindicizzazione dei dati personali ha ottenuto pieno riconoscimento da parte del Garante per la protezione dei dati personali, chiamato a decidere sulla legittimità del trattamento dei dati personali operato dal motore di ricerca Google nei confronti di un privato cittadino, che per anni ha dovuto subire gli effetti devastanti della gogna mediatica creata ad hoc per infangarne la reputazione e, soprattutto, la sua attività professionale. Con un recentissimo provvedimento (n. prot. 5146/2019 del 13.02.2019) il Garante della Privacy ha condiviso le argomentazioni di un imprenditore incensurato, la cui immagine personale sul web era stata gravemente lesa dalla presenza in rete di commenti negativi, falsi e diffamatori, resi pubblici su vari siti web (tra cui Facebook altri siti minori specializzati in finanza e risparmio) da anonimi commentatori che, senza alcun elemento che potesse validamente supportare le proprie ragioni, avevano deliberatamente danneggiato l’immagine personale – ma soprattutto – professionale del reclamante.
Parliamo di Daniele Marinelli, uno stimato imprenditore che alcuni anni fa decise di lanciare DT COIN, una moneta virtuale innovativa e vincente: nel giro di pochissimo tempo il successo di questa criptovaluta, fondata sul concetto dei “big data”, ha fatto sì che, per gestire al meglio la continua diffusione di DT COIN sul mercato, Daniele Marinelli si dotasse di un sistema di spendibilità altamente rivoluzionario presso gli ambienti di navigazione internet.
La crescente popolarità del progetto (come la sua diffusione oltre i confini nazionali) suscitò sin da subito le invidie di molti, che diffusero senza controllo maldicenze e calunnie sulla affidabilità della società e, soprattutto, del suo fondatore: per fare un esempio, in alcuni dei contenuti diffamatori (che, grazie al provvedimento del Garante Privacy, Google è stata costretta a rimuovere) l’imprenditore veniva descritto come truffatore o, richiamando i termini certamente più coloriti utilizzati dagli anonimi autori, addirittura come “fuffaro”.
Come già anticipato, questi contenuti venivano addirittura resi pubblici su Facebook, certamente uno dei più famosi canali social utilizzati. Su una pagina pubblicata sul popolare social network, ad esempio, gli articoli sul fondatore di DT COIN riportavano notizie false, infamanti e gravemente diffamatorie sulla persona del Marinelli, colpendo altresì la sua credibilità come imprenditore, in quanto denunciavano la presunta – e mai dimostrata – inaffidaibilità di DT COIN quale moneta virtuale; a ciò si aggiunga che detti articoli non si limitavano ad infangare il nome del Marinelli, ma riportavano altresì un’immagine che lo ritraeva in volto, senza alcun consenso o sua preventiva autorizzazione.
Fermo restando che la maggior parte di tali contenuti presentava carattere offensivo e volutamente ingiurioso, a causa della permanenza in rete di tali informazioni il fondatore di DT COIN ha subìto una gravissima campagna denigratoria, diretta unicamente ad infangarne la professionalità ed il decoro umano. A tal proposito, nel reclamo presentato ai sensi dell’art. 77 G.D.P.R. (acronimo di General Data Protection Regulation) l’interessato, rappresentato e difeso dall’Avvocato Domenico Bianculli, del foro di Roma, Responsabile Area Legale presso Cyber Lex S.r.l.s., aveva allegato copia del certificato del casellario giudiziale, da cui risultava come lo stesso non avesse mai subito alcun procedimento, penale e/o civile che sia.
Prima di rivolgersi al Garante Privacy, lo stesso aveva tentato invano di difendere il suo diritto all’immagine ed alla reputazione digitale (diritti connessi alla protezione dei dati personali e tutelati dal G.D.P.R.) avanzando contro Google formale richiesta di deindicizzazione degli URL contenenti queste informazioni false, ingiuriose e gravemente inesatte. Nonostante la bontà delle sue ragioni, il famoso motore di ricerca ha ritenuto di dover rigettare l’istanza dell’interessato in virtù di una presunta “pertinenza alla sua vita professionale” di ingiurie quali “peracottaro” o “fuffaro”, così di fatto avallando l’illiceità del comportamento dei calunniatori del web che avevano preso di mira (spontaneamente o dietro corrispettivo di qualche concorrente) l’ignaro imprenditore.
Al termine della fase istruttoria, presa visione della documentazione allegata dall’Avvocato Bianculli a sostegno delle ragioni dell’interessato e delle argomentazioni degli avvocati di Google, con provvedimento dello scorso febbraio il Garante per la protezione dei dati personali ha accolto il reclamo perchè fondato, ordinando contestualmente a Google “di rimuovere, nel termine di venti giorni dalla ricezione del presente provvedimento, gli URL indicati nell’atto introduttivo quali risultati di ricerca reperibili in associazione al nome dell’interessato”. Tra le motivazioni a supporto della sua decisione, il Garante Privacy ha di fatto smentito le argomentazioni avanzate dai procuratori di Google (che da febbraio ha spostato la sede del suo Titolare del trattamento in Irlanda) riconoscendo, in virtù dell’assenza di precedenti giudiziari nel casellario del reclamante, la sussistenza di “un pregiudizio dei diritti del reclamante…che non può ritenersi bilanciato da un interesse del pubblico alla conoscibilità di informazioni (negative)…tenuto conto che la parzialità di quelle reperibili tramite gli URL indicati non consentono di fornire allo stesso pubblico gli elementi necessari per poter effettuare una corretta e, quindi, veritiera ricostruzione della vicenda”.
Il diritto della collettività ad essere informata dei fatti che abbiano una qualche rilevanza pubblica non può di fatto costituire uno escamotage per Google ogniqualvolta riceva una (in realtà migliaia al giorno) richiesta di deindicizzazione di URL negative connesse al nome e cognome di un interessato.
Si pensi alla vicenda che ha colpito il dott. Marinelli: nonostante il successo di DT COIN cresca a vista d’occhio ogni giorno, la presenza in rete di pochi URL (in particolare di n. 3 URL) ha rappresentato un forte freno alla crescita di questa nuova moneta virtuale, soltanto perchè poche – e anonime – persone avevano deciso di offendere gratuitamente un imprenditore di successo sul web.
Come ogni progetto innovativo, il successo di DT COIN sarà naturalmente decretato dalla fiducia posta in esso. Ed è proprio su questo che l’azienda (e Daniele Marinelli in prima persona) lavora quotidianamente, per creare un universo di beni e servizi utili ad spendere, utilizzare e scambiare DT COIN, in Italia e nel mondo.