DAKAR (Senegal) – Bloccati da quasi un mese nel porto di Dakar, a bordo di una nave cargo che nascondeva quasi una tonnellata di cocaina. Droga con cui lui e l’intero equipaggio in sua compagnia non c’entrano nulla, poiché in parte spuntata dopo il loro arrivo in Senegal, con la nave già sotto sequestro dalle autorità. Ciononostante, dal 30 gennaio scorso la polizia ha ritirato loro i passaporti. E così nessuno dell’equipaggio (composto da 22 persone) può lasciare la nave per tornare a casa, sebbene sul loro capo non penda alcuna accusa.
È l’assurda vicenda che vede tra i protagonisti anche il giovanissimo salentino Matteo Muci, 19enne di Leverano, allievo ufficiale di coperta, “sequestrato” come gli altri membri dell’equipaggio sulla “Grande Nigeria” della compagnia Grimaldi Lines.
In questa situazione Muci e gli altri si sono ritrovati dopo il 25 gennaio, ossia dopo avere scovato sulla loro nave – durante le quotidiane operazioni di manutenzione – 4 borsoni contenenti 120 chili di cocaina, nascosti nella bocca di aerazione di poppa. La stessa nave era già sotto sequestro da giugno 2019, quando a bordo furono trovati altri 798 chili di cocaina, ma il successivo rinvenimento – chissà per quale motivo – ha messo nei guai anche Matteo, altri quattro ufficiali italiani nonché un rumeno, un bulgaro e 15 filippini membri dell’equipaggio. E pensare che gli stessi, dopo la scoperta della droga, avvisarono le autorità per denunciarne il rinvenimento.
Da quel momento in poi, però, per il giovane marittimo salentino (imbarcatosi il 20 dicembre scorso per avvicendare l’equipaggio precedente) e le altre persone a bordo è stato l’inizio di una prigionia. A dire dello stesso Muci finalizzata ad ottenere un riscatto di 240 milioni di euro, che le autorità senegalesi avrebbero chiesto a Grimaldi Lines per il rilascio della nave e, forse, anche del suo equipaggio.
“Farnesina, ambasciata e compagnia conoscono tutti da tempo la nostra situazione, dicono che stanno lavorando, ma nessuno ci riporta a casa. Ad oggi non sappiamo quale sarà il nostro destino. Ci hanno abbandonati qui a Dakar” – racconta il giovane allievo ufficiale, alla sua prima, traumatica esperienza nel mondo marinaresco.
“Dopo avere rinvenuto la droga, che era sfuggita alla precedente ispezione di giugno, l’abbiamo denunciata alle autorità locali, ma dopo pochi giorni ci hanno tolto i passaporti: non possiamo tornare in Italia, siamo costretti a restare sulla nave e non sappiamo perché. Siamo sorvegliati h24 da telecamere e dal personale di un’agenzia di security: sulla pettorina hanno la sigla “BSI”. Non sono armati, ma presidiano gli accessi alla nave giorno e notte e ci controllano a vista. Tra l’altro non possiamo allontanarci dalla “Grande Nigeria”: se ci trovano in giro senza documenti, rischiamo l’arresto”.
“Voglio tornare a casa” – continua Muci – “a bordo cerchiamo di inventarci il lavoro, perché possiamo solo eseguire attività di manutenzione, in modo da passare il tempo che alcuni giorni sembra non scorrere mai. Qualche settimana fa non sono stato bene, stavo per cadere in depressione: grazie all’intervento di uno psicologo sono riuscito a superare quel momento di debolezza e ora mi sforzo di essere ottimista. Mi auguro soltanto di non essere, come tutto il resto dell’equipaggio, un mero ostaggio. Perché a bordo si vocifera che sia stato chiesto un riscatto di 240 milioni di euro per liberare la nave: spero soltanto che quel prezzo includa anche la nostra libertà. Qualcuno – è l’appello del giovanissimo marittimo salentino – ci riporti a casa”.