CELLA DELLA MADONNA DELLA SERRA DI BOTRUGNO
Una cella geomagnetica e geomorfologica del Sud-Salento ha il suo centro presso la località di Botrugno, nel luogo indicato con la lettera C nella cartina tettonica allegata. Condivide il suo territorio circolare con le tre celle già esaminate, quella di Monte Sant’Eleuterio (A), di Specchia Silva (B), di Monte Vergine (D).
Nel settore di Sud-est delimitato dalla circonferenza che passa anche per i centri delle celle di Monte Sant’Eleuterio, di Specchia Silva e di Monte Vergine, è compreso il tratto di costa che si sviluppa tra Marina di Andrano e Santa Cesarea Terme, ricco di cavità litoranee, tra le quali vi sono le note grotte Zinzulusa e Romanelli, appartenenti al territorio carsico di Castro.
Il centro della cella è rapportabile al punto più elevato della collina prossima a Botrugno, denominata “Serra La Motta”, tratto locale della Serra Corigliano d’Otranto-Andrano che si estende in direzione Nord/ovest – Sud/est.
Sul crinale di quell’altura, all’incrocio tra la via antica Lecce-Leuca con la Via Botrugno-i Paduli-Bosco Belvedere-Supersano, era ubicata la chiesa del XVIII secolo denominata “Madonna della Serra”, distrutta per il passaggio del tracciato della S.S. 275 Maglie-Leuca e ricostruita dall’Anas nel 1962.
La dedicazione delle Serre alla Madonna corrisponde alla cristianizzazione dell’ancestrale culto della Dea Madre, connessa alla madre Terra, testimoniato nel territorio salentino sin dal Paleolitico con la nota “Grotta delle Veneri” di Monte Sant’Eleuterio. Nell’area in comune tra entrambe le celle geomagnetiche e geomorfologiche, infatti, di fronte alla Serra La Motta, procedendo verso il territorio di Supersano e al di là del Bosco Belvedere, all’inizio della Serra Mucorone vi è il noto luogo di culto dedicato alla Madonna di Coelimanna. Sulla stessa serra che si estende fino a Ruffano si trova un’altra chiesa dedicata alla Madonna della Serra, nota per il culto della “Madonna del latte”, della quale in quella chiesa si conserva una rara effigie. La Madonna della Serra di Ruffano si raggiunge, oltre che per mezzo della provinciale, anche percorrendo a piedi sia l’intera altura Supersano-Ruffano e sia un’antica e impervia via penitenziale, oggi destinata al rito della via crucis. Si tratta di un percorso frequentato per secoli da fedeli locali e da pellegrini e soprattutto dalle donne che chiedevano la grazia di poter nutrire i neonati con il proprio latte.
Il culto rimanda ancora una volta all’ancestrale dea Madre astrale, considerata la dispensatrice del nutrimento primario per la sopravvivenza dell’umanità, perché associata al percorso lattiginoso della Via Lattea, immaginato come sgorgante dal suo prosperoso seno di dea opulenta descritta nel cielo collegando visivamente tra loro alcune costellazioni comprese tra quella di Auriga e quella dei Pesci.
Nell’era dei Pesci, con la nascita di Gesù da Vergine-Madre, il culto stellare originario si rinnova e il rapporto cielo -terra si consolida attraverso il sacrificio di Cristo in croce, simbolo della “croce cosmica”, visibile come equilibrata nel cielo solo quando la Terra si trova in posizione equilibrata sul proprio asse, altrimenti le calotte celesti appaiono instabili per un eccessivo effetto trottola impresso alla Terra dal suo asse eccessivamente obliquo.
Il collegamento cristiano, attraverso la via crucis, tra la chiesa mariana e i luoghi sacri dedicati a Cristo, che abbiamo visto essere stato attivato recentemente anche sull’altura di Monte Vergine, troverebbe pertanto il modello più antico nella via che si snoda lungo le pendici di quella Serra, la quale collega la chiesa in altura con i luoghi ipogei di culto cristiano sparsi in pianura sul territorio di Ruffano, Torrepaduli e Taurisano.
Si applica così in terra, sfruttando la naturale morfologia del territorio, l’ideale cristiano della ricerca della via della redenzione e della salvezza dell’umanità, che nell’indicazione data dalla Madonna conduce direttamente a Cristo, suo Figlio Redentore.
Il collegamento tra il luogo di culto dedicato alla Madonna della Serra e i luoghi di culto cristiano sul territorio della Cella geomagnetica e geomorfologica di Botrugno, non può che avvenire con le cavità carsiche della pianura (naturale effetto dell’attività vibrazionale prodotta dalla dinamo elettromagnetica-Terra), dove troviamo, tra le altre, le grotte dedicate alla Trinità e a Santa Lucia. La grotta “Loredana”, dedicata dai monaci basiliani al Crocefisso, presenta sulle sue pareti dei graffiti risalenti al Paleolitico, i quali testimoniano proprio della millenaria frequentazione delle cavità carsiche per scopi cultuali legati agli antichi riti cosmogonici.
I monaci basiliani furono attenti alla morfologia del territorio salentino, ne sfruttarono le cavità carsiche destinandole a laure abitative e a cripte cultuali, che affrescarono con immagini dei santi cristiani che rassicuravano la popolazione, offrendo la loro protezione ad un territorio dove potevano improvvisamente aprirsi le profonde e temute cavità delle vore. Consapevoli che lo stesso ruolo stabilizzante era stato attribuito anticamente ai monumenti megalitici, li rispettarono, li modificarono, li cristianizzarono e spesso anche li spostarono dalla loro sede originaria che faceva riferimento all’era precessionale con il Sole in levata nella costellazione del Toro (V-III millennio a.C), per adeguare quelle ruote geomagnetiche e geodetiche a ‘tela di ragno’ all’era precessionale del Sole in Pesci, correlata alla figura di Cristo.
Per coloro che non erano pronti ad accogliere la “sapienza antica” che collega anche la modificazione morfologica del territorio alla posizione che assume la Terra all’interno del sistema solare attraverso le ere bimillenarie che compongono il grande ciclo della precessione degli equinozi (resa nota da Ipparco nel II secolo a.C, ma già sperimentata per millenni dai sacerdoti-astronomi e geomanti di cui facevano parte i costruttori di megaliti) quei luoghi arcani di un territorio sempre interessato dall’activity sinkhole erano solo oggetto di timore reverenziale.
Nel versante adriatico che la Cella geomagnetica, geomorfologica e geodetica che Botrugno condivide con quelle di Andrano e di Monte Vergine, proprio quel rispetto per i megaliti ha permesso loro di sopravvivere alla condanna dei monumenti di culto pagano destinati alla totale distruzione.
Per le genti più avvedute, che operavano nell’ambito della comprensione e organizzazione del territorio, il connubio Terra-cielo, che avviene naturalmente per il rapporto sincronico che regola lo slittamento delle masse della litosfera terrestre in relazione alla posizione che assume l’asse magnetico all’interno del sistema solare durante le varie ere del ciclo precessionale, il rapporto tra centro geomagnetico e posizione apparente del Sole richiedeva, invece, solo l’aggiornamento della posizione di quei segnacoli geodetici antichi. Per questo, se sulle carte geografiche il centro appare puntiforme, sul territorio permette invece una tolleranza necessaria a far sì che marcatori geodetici megalitici e luoghi di culto dei vari credi, dettati da un universale sentimento del sacro che è insito in tutti gli esseri umani, possano coesistere, senza doverli condannare ad una inclemente damnatio memoriae.
L’intera Puglia, come solo poche altre regioni d’Italia, conserva quelle vestigia megalitiche che testimoniano del rispetto che si deve alle testimonianze di un passato culturale che ci appartiene per essere stato creato, a fini di conoscenza e di salvaguardia del territorio, da esseri della medesima umanità di Sapiens-sapiens cui noi ancora possiamo dire di appartenere.