ROMA – Nonostante le polemiche provenienti anche da personalità politiche locali, come il sindaco di Lecce, Carlo Salvemini, che pochi giorni fa ha bacchettato il governo per non aver messo subito all’asta tutte le concessioni balneari, l’esecutivo va avanti sulla strada del monitoraggio e della mappatura delle spiagge, per capire se la risorsa scarseggi o meno. Una differenza fondamentale in virtù dell’ultima sentenza della Corte di Giustizia Europea: infatti, se la risorsa non è scarsa e possono essere assegnate altre concessioni, allora è inutile mettere all’asta quelle che già ci sono. Ogni Stato membro ha un margine di discrezionalità nella scelta dei criteri applicabili alla valutazione della scarsità della risorsa, come spiega la sentenza europea. Oggi si è tenuta una nuova seduta del tavolo tecnico a Palazzo Chigi, da cui emergono dati positivi riguardo la risorsa naturale disponibile, anche se manca ancora il dato lacuale e fluviale. È stato affrontata la complessa questione della interazione del dato nazionale con la disciplina di alcune regioni che limitano la concedibilità di spazi da destinare alla libera fruizione, anche al fine di evitare l’applicazione di principi a macchia di leopardo.
L’equilibrio è da rinvenirsi nella combinazione fra un approccio generale e astratto, a livello nazionale e un approccio caso per caso, basato sull’analisi del territorio costiero del comune di riferimento. Tale criterio, sarebbe idoneo a garantire il rispetto degli obiettivi di sfruttamento economico delle coste che possono essere definiti a livello nazionale, assicurando al contempo, l’appropriatezza dell’attuazione concreta di tali obiettivi nel territorio costiero di un comune. Come già messo in evidenza, i giudici chiedono che “i criteri adottati dallo Stato membro siano oggettivi, non discriminatori, trasparenti e proporzionali”. A norma dell’articolo 117 della Costituzione spetta allo Stato la determinazione dei principi fondamentali, cui la legislazione regionale deve attenersi e, in questi ultimi, potrebbe anche rientrare la determinazione tra un minimo e un massimo della quota delle risorse naturali da riservare a uso pubblico e alla libera balneazione. L’esigenza è quella di non applicare la Bolkestein a macchia di leopardo, anche perché ci sono Regioni dove si raggiunge una percentuale assai più alta di linea di costa già concessa rispetto ad altre Regioni, come la Puglia, dove la percentuale di aree concesse è abbastanza ridotta. Si tratta, dunque, di un problema complesso: quando lo Stato andrà a determinare i principi fondamentali relativi alla valutazione oggettiva della scarsità della risorsa, le regioni non potranno non adeguare la propria legislazione a quella statale recependo la proporzione Statale indicata e “armonizzandola” con il dato della linea di costa concedibile, rivedendo, se del caso, le proporzioni tra quest’ultima e quella da destinare alla libera balneazione e attribuendo la giusta considerazione, nella prospettiva di far coincidere la individuazione della “risorsa naturale” alle aree oggettivamente disponibili, non essendo ragionevole che una scelta di così grande rilievo per l’economia del Paese, possa rimanere (idealmente) incisa da uno sbarramento legislativo regionale che, nei fatti, lascia grandi spazi di aree disponibili.