Sanità del Futuro: cronaca di un dibattito tra realtà e possibilità

Sanità del Futuro: cronaca di un dibattito tra realtà e possibilità

L’11 aprile 2025, nel cuore antico di Nardò, in un edificio di pietra che ancora conosce il silenzio dei conventi, si è tenuto un incontro che guardava avanti: “La Sanità del Futuro: realtà e prospettive dell’accesso alle cure”.
Organizzato dal Punto di Incontro APS e introdotto dal presidente Giuseppe Galbiati, l’evento ha ospitato il Dr. Lorenzo Polo, medico legale e viaggiatore esperto nei meandri delle istituzioni sanitarie italiane.

Come spesso accade nei racconti migliori, l’ambientazione conta: Via Seminario 3, luogo dal nome evocativo, è diventato per un pomeriggio una piccola agorà dove parole e pensieri si sono intrecciati.

Il personaggio: il dottor Polo

Il protagonista del dibattito è figura solida e riflessiva. Il Dr. Polo dirige l’UOS di Medicina Legale al Policlinico San Matteo di Pavia. Il suo curriculum è una stratificazione di competenze: laureato nel 1987, specializzato in medicina legale e medicina del lavoro, dottore di ricerca in Scienze Medico-Forensi. Ma non sono i titoli a parlare, bensì il modo in cui li attraversa. Il suo sguardo è insieme tecnico e filosofico, critico e propositivo.

Un sistema unico (e complicato)

“Nel mondo non esiste nulla di simile alla sanità convenzionata italiana,” racconta Polo. “Altrove pubblico e privato si escludono. Qui convivono, si sfiorano, a volte si confondono.”
Una peculiarità che è insieme forza e limite. Il sistema pubblico, dice, soffre di lentezze strutturali; il privato, sebbene più agile, agisce spesso secondo logiche industriali.
È come se due orologi regolassero lo stesso tempo, ma con fusi orari diversi.

Nuove vie di accesso: il welfare aziendale

C’è una porta che si sta aprendo in silenzio: quella del welfare aziendale. “Oggi – spiega Polo – anche chi ha risorse limitate può accedere a prestazioni che prima sembravano inaccessibili.”
Qui il futuro entra dalla finestra, in forme non ideologiche, ma funzionali. Non un sistema alternativo, ma parallelo. Una rete di sostegno dove l’impresa incontra la cura.

Hub, spoke e la geografia della salute

Poi la cartina si dispiega: non geografica, ma sanitaria.
“Trenta chilometri attorno a Nardò e si incontrano venti strutture,” osserva il medico. “Troppe. Dispendiose. A volte, inutili.”
La proposta? Ridisegnare la mappa secondo il modello lombardo: hub e spoke, centri specializzati interconnessi, con ruoli chiari e competenze distribuite. “Un policlinico chirurgico oncologico – dice – non deve fare altro. La specializzazione diventa efficienza.”

Quando il sapere si frantuma

Ma c’è un’altra frattura, meno visibile: quella nella formazione.
“I nostri maestri avevano una visione. Oggi il sapere si divide in isole,” riflette Polo. “Chi si occupa solo di un polso non saprà che fare davanti a un ginocchio.”
La scienza moderna, iper-specializzata, rischia di perdere la sintesi. E con essa, la capacità di leggere l’uomo nel suo insieme.

La questione di genere: una medicina sbilanciata

Un intervento dal pubblico apre una nuova pagina: i farmaci vengono sperimentati quasi esclusivamente sugli uomini? Polo chiarisce: non è sempre così, ma l’asimmetria esiste.
Il problema è nella disponibilità dei campioni, nella struttura degli studi, non necessariamente nella volontà di escludere.
“È un equilibrio delicato – spiega – tra rigore scientifico e inclusività biologica.”

E noi, cittadini?

Una domanda, a un certo punto, rompe la simmetria tra palco e platea:
“Noi cittadini, cosa possiamo fare?”
La risposta non è una soluzione, ma un invito: “Fare cultura. Creare spazi di confronto. Come questo.”
Il cambiamento, sembra dire Polo, non è solo nei palazzi, ma anche nelle conversazioni. Nei luoghi dove le idee prendono forma.

Un epilogo aperto

L’incontro si chiude, ma non si conclude.
Resta l’eco di una proposta concreta: “Le risorse ci sono. Tagliamo gli sprechi, rafforziamo il pubblico. E il privato? Può essere alleato.”
Il futuro della sanità non è ancora scritto. Ma il dibattito di Nardò ha ricordato che ogni sistema, per funzionare, ha bisogno di pensiero.
E, come ci insegnerebbe Calvino, di leggerezza — quella che permette di guardare il peso delle cose senza esserne schiacciati.

Vincenzo Candido Renna