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E’ stato denunciato dai carabinieri del comando di Lecce, Ivano Maragliulo, 33enne del posto, presidente della società Famar Security Sas all’interno della quale operava l’istituto “La Vigilanza”.
Le accuse sono di falso continuato e aggravato materiale e ideologico, calunnia aggravata, turbativa d’asta e porto e detenzione abusiva di armi da fuoco. Accuse che smontano un machiavellico piano architettato per salvare una società sull’orlo del fallimento ma che apparentemente svolgeva invece lavoro di vigilanza a tutti gli effetti.
La società di Maragliulo aveva partecipato alla gara di appalto per la vigilanza del palazzo di giustizia nel novembre del 2010, producendo una documentazione e un tariffario falsificati e persino con una marca da bollo elettronica che non avrebbe lasciato dubbi sulla veridicità delle carte.
Quello che ha insospettito le forze dell’ordine e ha quindi scatenato le indagini, sono state le gravi denunce che lo stesso Maragliulo ha esposto ai carabinieri il 13 e il 15 ottobre del 2010, dopo nemmeno un mese di operatività. L’uomo ha accusato alcuni funzionari pubblici della Prefettura non solo di smarrimento di documenti che attestavano l’autorizzazione all’esercizio della sua attività, ma anche di continue minacce e pressioni e persino della richiesta di tangenti. In particolare una funzionaria avrebbe chiesto all’avvocato di Maragliulo la somma di 15.000 euro in contanti, mentre altri dipendenti avrebbero richiesto tangenti sottoforma di assunzioni. L’uomo avrebbe anche fatto nomi e cognomi di tutte le persone coinvolte, mettendo così a rischio diversi funzionari statali ignari di tutta la faccenda. Maragliulo avrebbe inoltre dichiarato di essere stato vittima di episodi di minacce: una busta contenente dei proiettili, l’uccisione del cane del suocero, un’auto rubata e la richiesta di licenziare alcuni dipendenti.
I carabinieri del comando di Lecce però, insospettiti dalla gravità delle accuse e dall’insolita richiesta di tangenti della funzionaria proprio all’avvocato, hanno invece avviato delle indagini e hanno controllato tutta l’abnorme documentazione della società di Maragliulo.
Sono venute così a galla delle incompatibilità nei documenti rilasciati per la gara d’appalto. Da ulteriori indagini è poi venuto fuori che i 12 dipendenti che lavoravano come vigilanti, non soltanto non venivano pagati – e per questo quattro di loro, avevano richiesto il licenziamento – ma non possedevano nessuna documentazione che attestasse l’abilità al lavoro di vigilanza, oltre a non avere nemmeno il porto d’armi.
A poco a poco è venuto fuori che tutto ciò su cui si fondava la società Famar, era falso e mancante di qualsiasi autorizzazione da parte del Prefetto.
Ascoltati inoltre i funzionari coinvolti è apparsa subito evidente la loro estraneità ai fatti. Maragliulo aveva giocato sull’equivoco, in più di un’occasione. Ad esempio la richiesta di 15.000 euro da parte della dipendente statale, in realtà era stata un’affermazione che riguardava il numero di vigilanti – 15 – che l’istituto avrebbe dovuto avere per poter lavorare al meglio. Anche l’avvocato, che è stato ascoltato ha negato qualsiasi coinvolgimento con le accuse mosse da Maragliulo.
In realtà l’intento dell’uomo sarebbe stato quello di intimidire con le pesanti denunce, le forze dell’ordine e l’apparato statale, per evitare che si indagasse proprio sui documenti falsificati. In realtà è stata proprio la gravità delle accuse a scatenare tutto e l’arguto piano è finito per ritorcerglisi contro.
I carabinieri hanno posto sotto sequestro l’intero istituto di vigilanza, dalla struttura in via Aldo Moro a Lecce, all’attrezzatura tecnica, comprese armi e uniformi. Confiscate anche 5 Peugeot, un Doblò Fiat e un furgoncino Ducato.