Riti di affiliazione, gestione del traffico di sostanze stupefacenti, il lucroso giro delle estorsioni e le dinamiche dietro ad alcuni attentati e ad agguati ai danni di alcuni sodali del gruppo. C’è tanta roba ritenuta molto utile dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce
contenuta negli stralci di interrogatori, nel memoriale, nelle missive e nei verbali di ascolto di Alessandro Verardi, il 34enne di Lizzanello, diventato collaboratore di giustizia alcuni mesi fa dopo il suo arresto giunto dopo una lunga latitanza. Materiale investigativo confluito in una nuova indagine avviata dalla DDA di Lecce e acquisito nell’ambito dell’inchiesta “Augusta”, la cui udienza preliminare è prevista per il prossimo 14 settembre.
Nelle sue dichiarazioni, Verardi ricostruisce la nascita del gruppo: “una nuova frangia” così come la chiama lui stesso, “che operasse tra Merine, Lizzanello, Cavallino, Castrì, Caprarica, Calimera, Vernole, Melendugno, Pisignano, Strudà e nelle marine circostanti”. “Era intendimento”, così come dichiara l’ex-latitante, “che il gruppo non fosse più capeggiato da Ivan Firenze, che ritenevo inidoneo per la sua bassa caratura criminale e che si procedesse all’attivazione di un nuovo locale di ‘ndrina con il benestare di un capo storico della Scu, identificato in Totò Rizzo”.
Con la nascita del gruppo e le immediate affiliazioni, alcune delle quali racconta Verardi compiute in un bosco alla periferia di Melendugno, il sodalizio si specializza nella gestione delle estorsioni, nello spaccio di droga e nella gestione della sicurezza nei locali notturni. Proprio a tal proposito, riferisce Verardi, “tra gli oneri a suo carico per l’attivazione di un nuovo gruppo a Merine e nei paesi vicini vi era quello di favorire l’inserimento lavorativo del nipote di Totò Rizzo, Cristian, titolare dell’agenzia Iron Service. “Nel corso di un incontro”, riferisce Verardi, “proprio con Cristian Rizzo, concordai che avremmo inserito tutti i suoi buttafuori nei lidi che avremmo assunto sotto la nostra protezione per la gestione delle serate musicali”. “L’accordo prevedeva che i buttafuori percepissero il corrispettivo di 70 euro ciascuno per serata dai titolari degli stabilimenti e che questi ultimi avrebbero dovuto corrispondere una somma aggiuntiva di 20 euro a titolo di “punto”. “Alla fine della stagione, le somme complessive percepite a titolo di punto sarebbero state devolute interamente a Totò Rizzo per conto del nostro gruppo”.
Verardi, poi, fornisce ulteriori indicazioni “su un traffico transnazionale di stupefacenti tra l’Italia e la Spagna” paese in cui riferisce il 33enne “aveva stretto rapporti con trafficanti marocchini che fornivano hashish e venezuelani che fornivano cocaina: entrambe le sostanze venivano importate in Italia e giungevano e giungevano al nostro gruppo attraverso un sistema di trasporto”. L’ex-latitante, dopo la sua cattura e la decisione di collaborare, ha anche fornito elementi importanti sul “tesoretto economico” del sodalizio. “Al momento del mio arresto posso ricordare di aver lasciato circa 300 mila euro nelle mani di chi si occupava della gestione del denaro e so che tale denaro è stato in parte utilizzato per le spese legali di appartenenti per il gruppo e per il “pensiero” agli affiliati detenuti, in parte reinvestito nell’acquisto di stupefacente, in parte è stato oggetto di indebita appropriazione da parte di chi lo aveva in custodia”.
E alla base della decisione della collaborazione, ci sarebbe stato, secondo Verardi, proprio il comportamento dei suoi sodali all’indomani dell’arresto. “Mi convinsi che ero stato tradito proprio da costoro e rimasi avvilito e deluso perché per loro avevo dato la vita. Constatai inoltre che la mia famiglia era distrutta, mia madre aveva chiuso con me, così come i miei fratelli. La mia convivente ed i miei figli erano tartassati da comportamenti intimidatori e scorretti dei sodali in libertà. “Valutando la vicenda”, riferisce Verardi, “decisi che per me la malavita era volta al termine e scelsi di intraprendere un percorso nel mondo della legalità e del rispetto delle regole, dichiarando ogni verità su tutte le vicende del gruppo”. E a pochi giorni dall’udienza preliminare per l’operazione “Augusta”, con la collaborazione dell’ex-latitante la posizione di tutti gli indagati si aggrava ulteriormente e apre nuovi fronti d’indagine sulla malavita locale, quella ancora in libertà.