Assolti con la formula “perché il fatto non è stato commesso” i due imprenditori Sergio Nuzzo, 44enne di Ruffano e Raffaele Coi, di 31, di Parabita, per l’attività di smaltimento di rifiuti speciali pericolosi e con quella perchè il fatto non sussiste per l’attività di smaltimento di rifiuti non pericolosi.
E’ quanto deciso dal giudice del Tribunale di Gallipoli, Michele Toriello, che non ha accolto la richiesta del pubblico ministero di condannare entrambi gli imputati a quattro mesi di reclusione. Secondo l’accusa, il 29 giugno del 2010, Nuzzo, nella sua qualità di presidente della Cooperativa Sociale “Voglia Verde” di Parabita e Raffaele Coi, amministratore dell’omonima azienda agricola, avrebbero trasportato e depositato sul terreno nella disponibilità della cooperativa “Voglia Verde”, in contrada Lamia a Parabita, rifiuti speciali pericolosi, lastre di eternit contenente amianto, canna fumaria, arbusti e resti vari di potatura. L’istruttoria dibattimentale ha messo in luce come nel terreno di proprietà del Comune di Parabita e nella disponibilità della Cooperativa Voglia Verde, da anni impegnata nel recupero di ex tossico, chiunque poteva entrare e riversare rifiuti di vario tipo, di natura pericolosa e non pericolosa. Già in passato, infatti, il legale rappresentante della “Voglia Verde”, all’epoca dei fatti, sporse formale denuncia- querela per denunciare dapprima la circostanza che ignoti si fossero introdotti nel terreno ed avessero dato fuoco ad un laboratorio serra costituito da una struttura di circa 100 metri quadrati e successivamente l’abbandono ad opera di ignoti di lastre di eternit. In merito ai rifiuti non pericolosi che consistevano negli sfalci di potatura degli oleandri sulla strada Maglie- Gallipoli all’altezza di Parabita, è emerso come gli stessi dopo il taglio erano stati posati nel terreno in questione, fatto oggetto di sequestro, ma già dissequestrato dal giudice Toriello solo temporaneamente prima che il Comune decidesse a chi affidare l’incarico dello smaltimento. Gli imputati erano difesi dall’avvocato Maria Greco e Angelo Pallara.