ROMA – «La vita politica di questo paese sta attraversando una fase di declino – spiega Francesco Bruni, senatore fittiano – Le persone non hanno più parola. Cambiano da un giorno all’altro in base alle loro ambizioni politiche. È uno squallore». I fittiani sono delusi dal cambio di Pagnoncelli: il senatore bergamasco ha lasciato il gruppo dei Conservatori e Riformisti di Palazzo Madama per migrare in Ala, tra gli uomini di Verdini, che consentono a Renzi di volare ancor più in alto. In queste ore si affastellano colloqui e trattative per reperire nuovi senatori. Se Fitto non dovesse farcela, addio al gruppo dei Conservatori e Riformisti al Senato: quindi, addio anche a soldi, uffici e contributi. Sabato è stato comunicato il cambiamento: Lucio Barani, capogruppo di Ala, lo ha annunciato all’Ansa. «L’arrivo del senatore Pagnoncelli nel nostro gruppo rappresenta un’ulteriore conferma della bontà di un percorso teso a contribuire in maniera determinante alla modernizzazione del paese».
Il «leone fittiano» è ferito e contestato perfino da alcuni suoi parlamentari, Corsaro e Bianconi, che esprimono in una lettera dubbi sul progetto politico. Alla Camera il gruppo non è riuscito a nascere: in 12 vivacchiano nel gruppo misto sognando un gruppo autonomo. Non basta un tè con Cameron per fare un partito nazionale. Fitto ha bisogno di risorse economiche e di alleati forti su scala nazionale, ma in questo periodo non si vede nulla di tutto questo. Perfino la sua egemonia pugliese nel centrodestra è stata scalfita durante le scorse regionali. I fittiani in Puglia faticano a non perdere pezzi. Le amministrative di primavera saranno un altro banco di prova per un partito che a livello nazionale annaspa: non rientra nemmeno nei sondaggi e cerca di agganciare Tosi, mentre quest’ultimo flirta con i centristi dell’Udc e di Ncd, pronti a unirsi in un grande polo moderato. La preparazione alle prossime politiche comincia già da oggi con la consapevolezza che i posti sono pochi e che senza i nomi calati dall’alto, quando esisteva il Porcellum, in molti non torneranno a sedersi su quei tanto ambiti scranni del Parlamento.
Gaetano Gorgoni