SANTA MARIA DI LEUCA (Lecce) – Si svolgerà a Lecce il processo sui lavori di consolidamento della scogliera del “Ciolo” di Santa Maria di Leuca. Il gup Carlo Cazzella ha rigettato l’eccezione preliminare sulla competenza territoriale relativa al reato più grave (quello di falso ideologico) che sarebbe stato commesso a Bari. Il giudice per l’udienza preliminare ha rinviato a giudizio Daniele Accoto, 46enne di San Cassiano, responsabile del settore pianificazione di Gagliano del Capo e Daniele Polimeno, 61enne di Spongano; Emanuela Torsello, 54 anni di Alessano e Ippazio Fersini, 63enne di Gagliano del Capo, a guida di un’associazione incaricata di redigere il piano dei servizi tecnici di progettazione e direzione dei lavori; Vincenzo Moretti, 56 anni di Bari e Caterina Di Bitonto, 43enne di Barletta, funzionario e dirigente dell’ufficio programmazione della politiche energetiche Via/Vas della Regione.
Il processo si aprirà il 7 luglio davanti al giudice monocratico della seconda sezione penale Fedele. In due, invece, hanno scelto di essere giudicato con il rito abbreviato: Primo Stasi, 60 anni di Lecce, legale rappresentante della ditta Etacons e Fulvio Epifani, 67 anni originario di Ostuni, legale rappresentante del Siscom, società appaltatrice dei lavori. Il gup ha fissato ik processo per il 4 luglio. Nel frattempo la locale “Associazione Legambiente Circolo Capo di Leuca” si è costituita parte civile a tutela del paesaggio con l’avvocato difensore Anna Grazia Maraschio. Le accuse contestate sono quelle di distruzione e deturpamento di bellezze naturali e abusivismo edilizio e falso ideologico.
L’indagine scattò a seguito di un esposto di Legambiente, corredato da fotografie raffiguranti i grossi fori praticati nella roccia dagli operai, per l’applicazione delle reti previste nel progetto. L’intervento contemplava l’utilizzo di oltre duemila tondini di acciaio, circa 5 km di perforazioni e la demolizione di oltre 600 metri di scogliera. Per questa faranoica opera era stata stanziata la somma di circa 1 milione e mezzo di euro. E la Procura dispose il sequestro probatorio del costine poi confermato dai giudici del Tribunale del Riesame.
La vicenda penale si è trascinata anche davanti ai giudici amministrativi che avevano accolto due ricorsi della Sovrintendenza per i Beni culturali e uno di Legambiente (tramite gli avvocati Anna Baglivo e Mario Panico) e annullato le sentenze con cui il Tar di Lecce nel corso degli anni, aveva di volta in volta legittimato l’intervento da un milione di euro finalizzato alla messa in sicurezza contro il dissesto idrogeologico. Nelle scorse settimane è arrivato il pronunciamento del Consiglio di Stato che ha sbloccato i lavori di consolidamento rigettando il ricorso del Ministero dei Beni Culturali che aveva impugnato la sentenza del Tar Puglia. Sulla vicenda penale, invece, ha assunto un peso specifico la relazione dei due geologi Bianca Saudino e Giancarlo Bortolami che conclusero il proprio elaborato evidenziando come gli interventi sarebbero risultati inutili e dannosi. Gli imputati sono difesi dagli avvocati Riccardo Giannuzzi, Francesco Nutricati, Andrea Sambati, Stefano De Francesco e Francesco Maggiore.
F.Oli.