F.Oli.
PORTO CESAREO (Lecce) – La Corte d’appello non concede sconti e conferma la condanna a 7 anni di reclusione per Andrea Scatigna, il 34enne di Porto Cesareo, accusato di omicidio stradale aggravato per aver travolto e ucciso con la sua moto Venerio Caione, 62enne di Monteroni, il 10 luglio del 2016. I giudici (Presidente Nicola Lariccia, relatore Carlo Errico) hanno così condiviso la richiesta del sostituto procuratore generale Antonio Costantini e confermato una provvisionale di 50mila euro e di 15mila per i familiari della vittima assistiti dagli avvocati Americo Barba e Alessandra Verdesca. Subito dopo il deposito delle motivazioni (previste per i prossimi 15 giorni) gli avvocati dell’imputato, Federica Conte e Giorgio Giannaccari presenteranno ricorso in Cassazione. La difesa, pur rispettando la sentenza e il dolore per la tragedia, è sempre convinta che il conducente della moto non si trovasse in condizioni psicofisiche alterate al momento dell’incidente e ritiene che la legge sull’omicidio stradale sia oltremodo eccessiva e ai limiti della costituzionalità.
L’incidente risale al 10 luglio del 2016. L’incidente si verificò sulla provinciale Torre Lapillo – Punta Prosciutto all’altezza di un camping. Il 62enne si trovava in villeggiatura con la propria famiglia e con una carriola avrebbe dovuto gettare la spazzatura. Proprio in quel momento sulla provinciale sopraggiunse un’auto. Il mezzo rallentò per consentire il transito del pedone. La vettura, però, venne sorpassata da una Sukuki 600 condotta da Scatigna. Il centauro non riuscì ad arrestare la propria corsa travolgendo il 62enne. Sul posto i rilievi vennero eseguiti dai carabinieri della stazione di Porto Cesareo e della Compagnia di Campi Salentina. Scatigna fu così sottoposto agli esami alcolemici e tossicologici. Il 34enne risultò positivo ai cannabinoidi, agli oppiacei e alla cocaina e confinato ai domiciliari.
Nel corso dell’udienza di convalida, Scatigna si difese sostenendo di aver scorto il pedone quando non aveva più il tempo per arrestare la corsa. Confessò anche di aver fatto uso 24 ore prima di cocaina e di marijuana. Il gip convalidò l’arresto confermando i domiciliari “per la palese violazione di varie norme del codice della strada e delle comuni regole di diligenza, prudenza e perizia”. La sentenza di primo grado era stata emessa in abbreviato dal gup Stefano Sernia.