F.Oli.
PARABITA (Lecce) – La Procura generale chiede la conferma dell’ergastolo (con isolamento diurno di un anno) per Biagio Toma, 50 anni, di Parabita, uno dei presunti autori materiali del duplice omicidio di Paola Rizzello e della figlioletta Angelica Pirtoli, di soli due anni, barbaramente uccise il 20 marzo del 1991. Il carcere a vita è stato sollecitato per la seconda volta dal procuratore aggiunto Elsa Valeria Mignone (titolare del fascicolo d’indagine) al termine di una lunga e dettagliata requisitoria. Le argomentazioni della Procura sono state a lungo confutate dalla difesa rappresentata dall’avvocato Walter Zappatore che, nel suo intervento andato avanti per circa sette ore, ha evidenziato l’inattendibilità delle dichiarazioni del presunto complice (il collaboratore di giustizia Luigi De Matteis) già condannato in primo e in secondo grado a 16 anni e 8 mesi di reclusione. Già in un altro processo, il legale ha evidenziato come il coimputato fosse risultato inattendibile con una sentenza passata in giudicato. In giornata ha discusso anche il nutrito pool di avvocati delle parti civili costituito dai legali Emanuela Pispico, Leonardo Marseglia, Giancarlo Zompì e Serena Tempesta. La sentenza dei giudici della Corte d’assise d’appello è fissata per il 18 giugno dopo le controrepliche già previste.
La tragedia rappresenta così come hanno scritto i giudici nelle motivazioni della sentenza di primo grado “l’omicidio più cruento compiuto dalla Sacra Corona Unita”. Era il 20 marzo del 1991. Per strada imperversava la guerra di mala. I due sicari vennero assoldati dal capo clan Luigi Giannelli, (già condannato all’ergastolo con il ruolo di mandante) per uccidere la donna. Una sentenza di morte decretata per questioni private e non solo. De Matteis uccise a fucilate la giovane mamma di soli 27 anni in una casa di campagna pagando con la vita le sue conoscenze sulle attività del clan. I resti della donna vennero recuperati il 18 febbraio del 1997 all’interno di una cisterna nel comune di Parabita, in località contrada “Tuli”. La presenza della piccola, invece, non sarebbe stata preventivata dai killer. Venne eliminata poche ore dopo così come imposto dal boss. “Ce lo dovevano dire che c’era anche la bambina”, dichiarò in aula De Matteis. “Ho pensato di lasciarla in un garage di Taviano, io la volevo abbandonare e ho detto a Toma che non avevo il coraggio”. Poi, però, quel sussulto di coscienza lasciò spazio ad un rigurgito di istinto e di violenza. “Siamo tornati indietro, Toma è entrato e ha preso la bambina mentre io sono rimasto in macchina. L’ha sbattuta vicino al muro prendendola per il piede. Poi mi ha detto che la bambina era morta”.
Il sequel sul duplice omicidio è un’affannosa rincorsa alla disperata ricerca di un nascondiglio per liberarsi di quei corpi diventati troppo ingombranti. “Abbiamo buttato la madre in un pozzo e poi abbiamo messo il cadavere della bimba in un sacco. La sera stessa, il solo Toma è tornato e ha bruciato i due cadaveri con gli ori rubati alla Rizzello”. Poi il racconto sulla fossa scavata per dare una sepoltura a quel corpicino: “La mattina dopo, ci siamo spostati in un’altra località di campagna e dopo aver scavato una buca abbiamo seppellito il corpo della bambina. Sopra abbiamo messo un masso”. Il corpo della bimba venne ritrovato solo il 5 maggio del 1999 in una collinetta nelle campagne di Matino grazie alle dichiarazioni di De Matteis sulla scorta di una lunga indagine coordinata dall’allora sostituto procuratore Giuseppe Capoccia (attuale Procuratore capo a Crotone) e condotta dai carabinieri del Ros di Lecce che hanno ricostruito il duplice omicidio grazie a riscontri tecnici, esami di laboratorio e acquisizioni di dichiarazioni ora finiti al vaglio dei giudici d’appello.