di Francesco Oliva
MELENDUGNO (Lecce) – Andrà avanti l’inchiesta su Tap. Il gip Cinzia Vergine ha rigettato le eccezioni sollevate dalla difesa dalla multinazionale (evidenziate dalla studio Severino e dall’Avvocatura dello Stato per conto degli indagati) disponendo che l’inchiesta proceda con l’incidente probatorio così come stabilito da tempo. L’udienza per il conferimento della super perizia ad un pool di periti (del gip e delle parti interessate) è fissata per il 24 aprile prossimo. La richiesta di incidente probatorio era stata avanzata dal sostituto procuratore Valeria Farina Valaori e dal procuratore Leonardo Leone De Castris dopo l’esposto presentato da otto sindaci dei Comuni di Melendugno, Corigliano d’Otranto, Vernole, Calimera, Castrì di Lecce, Lizzanello, Martano e Zollino) e dal presidente del Comitato No Tap. Sono tre gli esperti nominati dal gip: Fabrizio Bezzo, professore associato di Impianti Chimici del Dipartimento Ingegneria Industriale presso l’Università di Padova; Davide Manca, professore presso il dipartimento di Chimica, Materiali e Ingegneria Chimica del Politecnico di Milano; Lionella Maria, docente di Tutela del paesaggio al Politecnico di Milano.
Su quali quesiti dovrà dunque pronunciarsi il pool di periti insieme ai colleghi di parte? Sul tappeto rimangono irrisolte le questioni sulla configurabilità o meno, per le opere complessivamente intese, rispetto alla condotta Snam di 55 chilometri tra Melendugno (Le) e Brindisi; la configurabilità o meno dello “stabilimento” e il calcolo dell’hold up complessivo (ossia la questione relativa alla quantità di gas emessa e e sia o meno superiore alle 50 tonnellate violando così la legge Seveso). Tutte problematiche, secondo la difesa, già affrontate e superate così come evidenziato nei giorni scorsi con una memoria difensiva di una ventina di pagine in cui veniva sottolineato “come si evinceva in maniera inconfutabile che le ipotesi progettuali relative ai due terminali erano state oggetto di una valutazione unitaria da parte del Ministero dell’Interno e dell’Ambiente che ha portato a ritenerne la piena compatibilità sia sotto la prevenzione degli incendi sia sotto il profilo ambientale con esclusione della loro assoggettibilità alla cosiddetta normativa Seveso”.
Nel provvedimento di cinque pagine il gip motiva punto per punto il proprio niet alle argomentazioni della difesa rimarcando come nei provvedimenti, successivi alle modifiche progettuali del 2016, la competente autorità amministrativa si sarebbe limitata a confermare la valutazione degli effetti limitatamente a due sole matrici (rumore e paesaggio) senza volgere valutazione dell’hold up e dell’impatto sul rischio per l’incolumità pubblica. Il gip va oltre. Affronta questioni ancora più tecniche quando scrive che nessuno dei provvedimenti citati contiene la quantificazione dell’hold up in relazione ad una valutazione unitaria dell’opera.
E ricostruisce il nodo Seveso, vicenda scandita da tre fasi. Interlocutorie. Anomale. Dunque da approfondire. Quella precedente alla Via in cui la quantificazione avviene sulla base di dati sicuramente contrastanti. Esemplificativamente: nella nota del 14 febbraio 2013 del Comando dei Vigili del Fuoco si legge che l’hold up di gas naturale sulla terra ferma, all’esterno del terminale di ricezione, è da ritenersi pari a circa 100 tonnellate. Lo stesso Comando, nel parere del 23 dicembre 2014, lo ritiene pari a 48,6 tonnellate con riferimento ad una capacità di trasporto del gas naturale pari a 10 miliardi di m3 all’anno sebbene la potenziale capacità di trasporto del gasdotto sia pari a 20 miliardi di m3 all’anno; quella successiva alle modifiche del 2016 in cui si afferma che le modifiche sono escluse dalla Via; infine, quella più recente, in cui si afferma sostanzialmente la irrilevanza di tale quantificazione eliminandone la necessità a monte e si sostiene l’esclusione dei gasdotti a prescindere dalla quantità complessiva di gas potenzialmente presente nei due terminali.
Alla luce di un quadro così frastagliato ed estremamente contraddittorio il gip specifica che “gli ulteriori elementi acquisiti al procedimento tra la data dell’ammissione dell’incidente probatorio e l’odierna udienza (il riferimento è all’udienza camerale della scorsa settimana) peccano non tanto in termini di novità quanto in termini di efficacia rispetto alla soluzione delle questioni prospettate poichè si pongono a valle di postulati non chiariti o non sviluppati nella loro ragione tecnica”. La parola, dunque, passa ai periti.