Eh già! Proprio così. Un vecchio proverbio popolare, in dialetto salentino, recita proprio così: “Lu gabbu rriva e la jastima no”.
A Bruxelles nessuno ne parla, ma il tracollo economico della Germania è un dato di fatto. D’altronde, se parlano della Germania, come fanno ad accusare l’Italia di essere la nazione peggiore dell’Ue? Ma, finalmente, il Karma colpisce anche Berlino. Chissà se ora penserà ai fatti suoi!?
La prima economia europea, nel 2018, ha evitato la recessione per un refolo di vento. Dal -0,2% del terzo trimestre, allo zero degli ultimi tre mesi del 2018, il passo compiuto dal Pil è stato davvero breve. E sullo zero ci sarebbe tanto da discutere, ma non lo voglio fare. Ad esempio non voglio dire che se lo zero fosse stato -0,01, Deutschland sarebbe andata in recessione tecnica. In altri termini, al registrarsi di due contrazioni consecutive del Pil, la Germania sarebbe stata definita nazione con economia in fase di recessione.
C’è mancato poco. I Santi hanno fatto quanto in loro potere, perché, guarda caso, Eurostat, l’ufficio statistiche dell’UE, che aveva calcolato un -0,01% per l’ultimo trimestre 2018, ha fatto un passo indietro e, come d’incanto, i numeri sono cambiati, “azzerandosi” la previsione negativa. Risultato? Semplice: l’economia tedesca non si trova in una fase di recessione, ma di stagnazione. Una differenza impercettibile per i non addetti ai lavori, ma rilevante per chi valuta le economie di tutto il mondo.
Questo non cambia la salute dell’economia della Merkel, che rimane un’economia senza crescita. E siccome le previsioni per il 2019 non sono per nulla rassicuranti, come dichiarato da “Capital Economics”, la stagnazione diverrà recessione tra qualche mese, quando il rallentamento dell’economia del pianeta investirà in pieno anche altri Paesi come la Germania, che è il terzo Paese esportatore al mondo, dopo gli Stati Uniti e la Cina.
A proposito della Cina, ricordo un film che andava di moda tra i ragazzini nei primi anni settanta, il cui titolo era “L’urlo di Chen terrorizza anche l’Occidente”. Infatti, oggi, quarant’anni dopo l’uscita di quel film nelle sale cinematografiche, il primo segnale di “allarme economico” arriva proprio dalla Cina. Rallenta anche l’economia cinese e, quest’urlo, terrorizza molto la Germania che vi esporta quasi 80 miliardi di dollari. Allo stesso modo la terra di Hitler soffre per lo stop di Trump alle importazioni di auto tedesche. E poi si aggiunge la Brexit, il calo degli ordini all’industria, ecc. E, com’è noto a chi ha un po’ di dimestichezza con l’economia, dopo il crollo della produzione industriale e quello delle esportazioni, anche l’occupazione calerà e, tra un paio d’anni, la Germania faticherà a tenere in ordine i conti pubblici. Il bilancio nazionale, che parla sempre e comunque un linguaggio complesso ed allo stesso tempo molto semplice, rileverà e rivelerà un deficit, facendo cadere la Germania nel limbo e, spero, quanto prima all’inferno, sì da smettere di elevarsi a maestra di ogni cosa, per giungere finanche alla possibilità di divenire vittima dello stesso olocausto a cui ha partecipato, per anni, da carnefice.
Il governo di Angela barcolla, vacilla, con grande soddisfazione di chi fino, ad ora, ha solo subito angherie dalla Germania e dai suoi compagni di merenda. Berlino apre le stanze del potere alle danze elettorali. Le elezioni anticipate sono una seria possibilità, che diverrà ancora più probabile dopo le elezioni europee di maggio.
È proprio vero amici miei: “Lu gabbu rriva e la jastima no”.
Flavio Carlino