di Francesco Oliva
LECCE – Come i vampiri, quelli della saga di “Twilight” da cui prende spunto l’indagine. Done non si parla di sangue ma di soldi. tanti soldi alimentati dal business dell’usura alimentatosi in una torbida triangolazione: ambienti mafiosi, banchieri compiacenti, commercianti vittime, finirte loro malgrado, sotto il cappio di spietati cravattari. Sono centosedici gli indagati destinatari di un avviso di conclusione delle indagini preliminari, a firma del pubblico ministero della Dda Valeria Farina Valaori, (che ha ereditato il fascicolo dal collega Alessio Coccioli) a conclusione di un’inchiesta conclusa il 29 novembre del 2016 con 22 arresti, sequestri e decine e decine di indagati eccellenti. Mafia, bancari, professionisti, imprenditori. L’ombra lunga dell’usura legata a gruppi storici della criminalità locale: come i Caroppo, i Persano, i Briganti con amicizie anche negli istituti di credito. Funzionari compiacenti che che non avrebbero segnalato alla Banca d’Italia le operazioni sospette, consentendo così ai clan di eludere le normative antimafia.
Tre clan dicevamo riconducibili ai fratelli Persano (Fabio, Giuliano e Stefano) e al cugino Oronzo Persano, già condannato per mafia. La sua sola presenza sarebbe stata sufficiente per intimorire le vittime. L’altro gruppo è quello legato a Pasquale Briganti, detto Maurizio e a Luigi Sparapane, più attivo su Galatina, entrambi esponenti storici della Sacra corona unita. E, infine, c’è il gruppo riconducibile alla famiglia Caroppo.
Tante le vittime. Decine. Anzi centinaia. Soprattutto imprenditori e commercianti ai quali veniva applicato un interesse usurario del 120 per cento annuo poco inclini a denunciare, a collaborare con gli inquirenti.
Le cifre in ballo, d’altronde, erano alte, altissime. Tanto che, nel corso delle indagini, sono stati congelati beni per oltre 10 milioni di euro in una girandola di successivi provvedimenti tra Riesame e Cassazione. Così come ricostruito nelle 69 pagine di avviso sulla scorta delle indagini condotte dai carabinieri del Nucleo investigativo del reparto operativo del Comando provinciale di Lecce, i gruppi mafiosi si muovevano come “networtk” proiettatati nella galassia della Sacra corona. Gruppi non belligeranti fra di loro che, al contrario, interagivano in una sorta di osmosi.
Un intreccio con amicizie in banca che avrebbe favorito i prestiti con tassi usurari, spremendo imprenditori e commercianti che, già nella morsa della crisi, sarebbero stati spinti verso i cravattari. E anche minacciati. A ripercorrere i vari capi d’imputazione vengono ricostruite intimidazioni da parte degli usurai alle loro vittime. Un episodio è emblematico. Giuliano Persano avrebbe costretto un certo C.G. a consegnargli titoli di credito per un totale di 900 euro, somma derivante da un credito ad usura relativo all’acquisto di un’autovettura. Dalle attività di intercettazione è emerso che la vittima riceveva minacce da Giuliano Persano. In una telefonata: “Non devi portarmi niente…Io vicino casa tua…Giuro sui miei figli! Metto un fiammifero e e ti metto fuoco alla macchina!Forse non hai capito? Ma macchina è mia!Te cammini…io la brucio!
Posizioni diverse, coinvolgimenti variegati. Tra i 118 indagati ci sono anche i fratelli Pasquale e Saverio De Lorenzis. Secondo le indagini, avrebbero fornito tutto quello che era necessario alla realizzazione delle sale scommesse gestite dal gruppo Briganti nella piena consapevolezza dell’intestazione fittizia di tali sale.
Bancari, imprenditori, ma anche un avvocato tra i destinatari di un avviso che non corrisponde ad un verdetto di colpevolezza anticipato ma ad un passaggio necessario per fornire la propria versione dei fatti. E’ il caso dell’avvocato leccese Benedetto Scippa. Risponde di favoreggiamento personale. Secondo quanto riportato nell’avviso, vittima di usura da parte di Giuliano Persano e Maurizio Marzo, aiutava gli stessi a eludere le investigazioni dell’Autorità affermando, falsamente, di aver acquistato due auto contrariamente a quanto emerso dall’attività d’indagine.