LECCE – Tre condanne per l’ampliamento di un fabbricato rurale nelle campagne di Ruffano, poi trasformato in un ampio manufatto abitativo con annesso porticato, una sorta di villetta realizzata in una “zona agricola”, dove l’edificabilità è riservata esclusivamente alle opere funzionali alla conduzione del fondo.
I giudici della seconda sezione collegiale del Tribunale di Lecce hanno condannato l’ex dirigente dell’ufficio tecnico del Comune di Ruffano Marianna Gnoni, 40enne di Ruffano (attualmente a capo del medesimo ufficio a Taurisano), nonché il direttore ed il committente dei lavori. La dirigente comunale è stata condannata ad un anno di reclusione, mentre per gli altri due – l’architetto Francesca Vergaro, tecnico progettista, ed il 32enne Fabio Ferrari – la pena è stata di un anno e quattro mesi. Per tutti è stato disposto un anno di interdizione dai pubblici uffici.
L’inchiesta, coordinata dal procuratore aggiunto Elsa Valeria Mignone, riguarda i lavori di ampliamento di un deposito rurale situato in contrada “Cisterna Rossa” a Ruffano, sequestrato nel 2013 dalla Polizia Provinciale. L’allora dirigente dell’ufficio tecnico comunale – alla sbarra per il reato di abuso d’ufficio – è accusata di avere rilasciato due permessi illegittimi.
Il primo risale al 4 dicembre 2014 e riguarda il permesso a costruire in sanatoria “per l’esecuzione dei lavori di ampliamento di un fabbricato rurale esistente da destinarsi a deposito agricolo”. Il secondo permesso, del 29 marzo 2016, è invece relativo all’”esecuzione dei lavori di cambio di destinazione d’uso da deposito agricolo a casa rurale”.
In questo modo – stando all’Accusa – la Gnoni avrebbe agevolato il proprietario del fondo, autorizzando la sanatoria relativa all’ampliamento di un manufatto esistente con realizzazione di un manufatto destinato ad abitazione civile composto da un soggiorno, una cucina, tre camere da letto e due bagni oltre ad un porticato di circa 100 metri quadrati.
Ferrari e Vergaro, invece, avrebbero falsamente attestato che l’intervento modificava la destinazione d’uso dell’immobile da civile abitazione a locale deposito e che, per la tipologia del locale, l’intervento non risultava assoggettato alle norme per il contenimento del consumo di energia negli edifici. In tal modo avrebbero ottenuto il permesso di costruire in sanatoria.
Gli avvocati dei tre imputati – Carlo Caracuta, Simone Viva e Gianni Gemma – hanno intanto preannunciato l’intenzione di ricorrere in Appello, una volta che i giudici depositeranno le motivazioni della sentenza di condanna.