COPERTINO (Lecce) – Sfruttati per ore, senza un contratto di lavoro e, di conseguenza, senza essere regolrmente retribuiti. Un’inchiesta su un presunto caso di caporalato è finita al vaglio della Procura di Lecce. Nel registro degli indagati è stato iscritto il nome di Antonio Savina, titolare di un’azienda agricola tra Copertino e Arnesano, specializzata nel pascolo del bestiame (capre, pecore e mucche). Mansione affidata a due cittadini di nazionalità albanese arrivati in italia per alcuni mesi proprio per svolgere lavori interinali in qualche ditta così come appurato dai carabinieri di Copertino dopo un sopralluogo in loco. Nel Salento uno dei due lavoratori era arrivato ad aprile grazie ad un connazionale che aveva fatto da intermediario.
Solo che, una volta arrivato sul territorio italiano, il periodo lavorativo si sarebbe rivelato un inferno. Così come confermato questa mattina quando i due lavoratori sono stati sentiti nel corso di un incidente probatorio davanti al gip Michele Toriello (ascolto resosi necessario dal timore degli inquirenti non acquisire le prove da utilizzare nel corso di un eventuale processo). Privi di un permesso di soggiorno, gli orari di lavoro sarebbero risultati massacranti. Dall’alba fino a tarda ora. Anche fino alle 21. E senza una regolare paga. Un acconto ad uno da inviare alla propria famiglia con un bambino piccolo; zero euro per il secondo, stando a quanto sinora accertato.
Non sarebbe stata effettuata alcuna visita medica e nessun corso di formazione e ai lavoratori non sarebbe stata garantita adeguata sicurezza antinforntunistica così come confermato questa mattina su esplicita domanda del pubblico ministero Massimiliano Carducci. A conclusione dell’incidente probatorio che, di fatto ha confermato le dichiarazioni fornite dai lavoratori ai carabinieri in prima battuta, il magistrato dovrà tirare le somme nell’inchiesta. I due lavoratori, qualora l’inchiesta dovesse sfociare in un’udienza preliminare, si costituiranno parte civile con l’avvocato Maria Argia Russo. L’indagato, invece, è difeso dall’avvocato Pantaleo Cannoletta.