COLLEPASSO (Lecce) – Condanna ridotta in appello per Vittorio Leo, il 51enne di Collepasso, accusato della morte del padre, rimasto carbonizzato dopo il lancio di alcol in cucina con i fornelli accesi. I giudici della Corte d’assise d’appello di Lecce (Presidente Vincenzo Scardia, relatore Giuseppe Biondi) ha limato verso il basso la condanna a 30 anni inflitta in primo grado condannando l’imputato a 22 anni di reclusione sempre con l’accusa di omicidio volontario nonostante il pm Luigi Mastroniani avesse modificato in corso d’opera più volte l’accusa: da omicidio volontario a preterintenzionale poi di nuovo volontario. L’imputato, a parere dei giudici di primo grado, aveva agito con dolo ben consapevole di avere tra le mani una bottiglia d’alcol ad alto contenuto infiammabile e sulla base di questi presupposti si è configurato il reato più grave.
Single e senza famiglia aveva lasciato gli studi per gettarsi a capofitto nell’attività di agente immobiliare deludendo i desiderata del padre. E le tensioni in casa tra i due, senza una terza persona a fungere da paravento, diventarono continue. Fino a quel mezzogiorno di fine maggio del 2019 quando l’ennesimo battibecco sfociò in un omicidio. Inizialmente volontario. Anche perché Vittorio non allertò immediatamente i soccorsi. Si preparò un piatto di pasta con il corpo del padre carbonizzato in bagno. Pulì casa e poi si mise sul divano dove attese l’arrivo dei carabinieri giunti in quell’abitazione a distanza di ore.
Leo è sempre in carcere nonostante nei mesi scorsi la difesa avesse avanzato richiesta di domiciliari per motivi di salute rigettata dalla Corte dopo una consulenza del medico legale Roberto Vaglio. E una precedente istanza era stata sollecitata proprio quando la Procura formalizzò l’avviso di chiusa indagine (con la riqualificazione del reato) respinta, in quel caso, dall’allora gip Giovanni Gallo, lo stesso giudice che firmò la convalida dell’arresto subito dopo la tragedia e che giudicò l’azione come un atto volontario alla luce anche della capacità di intendere e di volere dell’uomo così come sostenuto da una perizia eseguita dallo psichiatra Domenico Suma. Non appena saranno depositate le motivazioni, l’avvocato difensore Francesca Conte presenterà ricorso in Cassazione per sostenere la tesi dell’omicidio colposo o, al più, preterintenzionale.