Riceviamo e pubblichiamo la lettera inviata alla nostra redazione da Matteo Tommasi, Rappresentante Gruppo Territoriale M5S Lecce.
“Egregio Direttore,
In Puglia l’Ulivo è identità, non a caso presente nello stemma della nostra regione. Nell’antica Grecia chi abbatteva un Ulivo era condannato alla pena capitale ed anche in Puglia, regione della Magna Grecia, esiste un legame storico-culturale profondissimo con la sua coltivazione: non è raro trovare alberi pluricentenari ancora vigorosi e produttivi, considerati parte essenziale della storia delle famiglie contadine del posto. Xylella fastidiosa, oramai lo sappiamo, è un batterio fitopatogeno che si annida nei vasi della pianta in cui scorre l’acqua che dalle radici giunge alle foglie per innescare la fotosintesi. L’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (ESFA) ha iniziato ufficialmente a parlare di questo problema in Puglia a partire dal settembre 2013. Rapidamente la locale Coldiretti ha dato l’allarme segnalando circa 1 milione di alberi coinvolti e stimando 1 miliardo di euro in termini di danno economico.
Gli esperti dell’ESFA hanno quindi affermato che non c’era disponibilità di cura per gli ulivi malati e le Autorità Europee, nel timore di un rapido diffondersi del presunto contagio da Xylella, hanno imposto misure draconiane nel tentativo di contenere l’infezione: l’eradicazione delle piante infette, l’impiego d’insetticidi per contenere l’insetto vettore, la pulizia meticolosa delle erbe tra gli alberi ed eradicazione delle piante vicine anche se apparentemente sane nel raggio di 100 metri e, successivamente, nel raggio di 50 metri.
Ad oggi possiamo considerare la Xylella come una malattia endemica, e dobbiamo aiutare i nostri alberi a convivere con il patogeno per evitarne l’espianto. Il Consiglio per la Ricerca in agricoltura e l’analisi dell’Economia Agraria (CREA) di Roma ha proposto un protocollo di cura comprendente disinfettante fogliare (a base di zinco, rame ed acido citrico), buone pratiche agricole e potature selettive. Tale cura non sconfigge l’infezione ma, se adottata in tempo, rende la pianta comunque produttiva ed in grado di convivere con il batterio senza riportare danni irreparabili.
Presentando numerosi emendamenti in sede parlamentare, il Senatore Antonio Trevisi del MoVimento 5 Stelle si è fatto promotore di proposte che possano rifinanziare il fondo per la rigenerazione olivicola, istituito con il DL n.27/2019 (Disposizioni urgenti in materia di rilancio dei settori agricoli in crisi nonché di sostegno alle imprese agroalimentari colpite da eventi atmosferici avversi di carattere eccezionale), istituire la Zona Agricola Speciale (ZAS) nelle aree colpite da Xylella con la finalità di contribuire al risanamento del tessuto economico delle aree interessate, nonché di rilanciare la produttività agricola e la competitività territoriale. Trevisi ha proposto inoltre di disporre la sospensione dei mutui e finanziamenti e di introdurre la misura dell’esonero contributivo a favore delle aziende appartenenti al settore olivicolo.
Tuttavia, la causa del disseccamento diffuso degli ulivi non è un fenomeno attribuibile esclusivamente all’infezione da Xylella, ma – come tiene a sottolineare Gabriella Errico, attivista M5S a Lecce e medico dell’International Society of Doctors for Environment(ISDE) – sono emerse alcune evidenze secondo secondo cui il batterio agisce frequentemente con alcuni funghi patogeni del genere Neofusicoccum sospettati di essere i responsabili della malattia nota come Complesso del Disseccamento rapido dell’ulivo, collegato anche alla fitotossicità correlata all’uso estensivo di alcuni erbicidi, glifosato in testa, ed all’abbandono pluridecennale nel nome della produttività a breve termine e della competitività aziendale di alcune buone pratiche agricole quali la potatura a regola d’arte, la consociazione tra coltura dell’Ulivo e le Leguminose con sovescio di quest’ultime per fertilizzare il suolo, la ripulitura del legno marcio e delle radici (slupatura).
Il Salento, peraltro, risulta essere l’area maggiormente colpita dall’evento e dal CNR Bari segnalano che nel nostro territorio la desertificazione, correlata all’emergenza climatica in atto, è più avanzata che in altre aree della Puglia e quindi le condizioni del suolo sono più scadenti; manca la biodiversità vegetale rispetto alle altre provincie pugliesi e nella nostra terra si riscontra anche maggior inquinamento con acqua di faglia contaminata da glifosato, specie in provincia di Lecce. Altra criticità è rappresentata dal maggior impiego di erbicidi, a partire dai dati noti sin dal 2003, nel leccese e nel brindisino rispetto alle altre province pugliesi (5,3 kg/ettaro quando si consiglia di non utilizzarne più di 4,5 kg/ha), che distruggono non solo le erbe infestanti ma danneggiano anche la fertilità del suolo.
Con lo scopo di dare impulso all’approfondimento di tali aspetti, un ulteriore emendamento a firma Trevisi chiede l’istituzione di un fondo per potenziare studi e ricerche riguardanti l’eziologia, la sintomatologia e la diffusione degli organismi nocivi per le piante, i metodi volti a contenere la diffusione dei patogeni vegetali, aumentando il livello di tolleranza alle infezioni nonché l’individuazione di semenzali locali aventi resistenza al fenomeno del disseccamento vegetale.
Infine, la Dottoressa Errico ci esorta tutti ad una profonda riflessione per renderci conto che la risposta a questo disastro che ha distrutto una quota rilevante di Ulivi salentini con il rischio di modificare radicalmente in peggio il paesaggio, il lavoro, il senso d’identità e l’economia olearia non può essere solo freddamente tecnologica, vale a dire adoperare i fertilizzanti di sintesi. Concludendo, Gentilissimo Direttore, credo che tutti noi non possiamo dimenticare la dura lezione che ci ha impartito l’abbandono delle buone pratiche agricole; pertanto La invito cortesemente a dare evidenza pubblica della presente lettera valorizzandone il contributo professionale, oltre che politico”.