È stata una delle più brutte aggressioni razziste della storia leccese degli ultimi anni. Una giovanissima ragazza di origini somale, al quarto mese di gravidanza, appena lasciata dal compagno e senza un posto dove dormire, fu accerchiata e aggredita dal branco nel cuore della notte.
Violentata, minacciata con un coltello, insultata, nelle vicinanze dell'”Euro Bar” di Porta Napoli, nel centro storico di Lecce. I fatti risalgono al 4 maggio del 2007. Nelle scorse ore sono arrivate le ultime condanne. Quattro anni e un mese di carcere sono stati inflitti alla casertana 33enne Giovina Di Silvio, per violenza sessuale di gruppo, minacce, ingiurie e molestie aggravate dalla discriminazione razziale. E’ stato condannato a 4 mesi e 15 giorni Fernando Elia, solo per le ingiurie aggravate dalla discriminazione razziale. Assolto invece dalle altre imputazioni, così come sono stati assolti, per non aver commesso il fatto, i leccesi Gabriele Greco, 23 anni, Marco Pacentrilli, 26 anni e il gestore dell’euro bar, Antonio Saccoccia, accusato di favoreggiamento. La sentenza è stata emessa dal collegio della seconda sezione penale, presieduta dal giudice Roberto Tanisi, su richiesta del sostituto procuratore Antonio Negro. Altri due presunti componenti del branco erano stati condannati in abbreviato a tre anni e otto mesi, come erano stati già condannati dal tribunale dei minori, a quattro anni e mezzo di reclusione, i più giovani del gruppo (un 17enne e un 15enne).
Secondo le indagini coordinate dal pm Maria Cristina Rizzo (attualmente a capo della procura dei minori) e condotte dagli agenti della squadra mobile, il branco avrebbe accerchiato la ragazza di colore intorno all’una di notte. Palpeggiata ripetutamente, tenuta ferma sotto la minaccia di un coltello, sarebbe stata riempita di insulti razzisti. Quattro di loro si sarebbero poi addirittura abbassati i pantaloni per far capire chiaramente le proprie intenzioni.
Tra i legali che costituiscono il collegio difensivo Alessandro Troso, Giuseppe De Luca, Cosimo Maggiulli e Nicola Caroli.