Pentiti, soldi, minacce, rivelazioni. Si è tenuta nelle scorse ore l’ultima udienza del processo per l’omicidio del boss gallipolino della Scu Rosario Padovano e per il delitto di Nenè Greco.
Nel corso dell’udienza, davanti ai giudici della Corte D’Assise di Lecce (presieduta dal dottor Roberto Tanisi), sono stati ascoltati tre collaboratori di giustizia. Accanto a loro il nome di un altro pentito sarebbe spuntato fuori. Si tratta di uno degli imputati, che avrebbe dimostrato la volontà di collaborare con gli inquirenti, e che, per questo, sarebbe stato già raggiunto da una serie di minacce, rivolte innanzitutto ai suoi familiari. L’ex collaboratore Marco Barba, nei confronti del quale la procura ha sospeso il programma di protezione, si è rifiutato di presentarsi in aula. Dovrà farlo nella prossima udienza, in cui sarà sentito insieme al killer reo confesso Carmelo Mendolia. Sono stati invece ascoltati Simone Caforio, Dario Toma e Giorgio Manis, tutti e tre collaboratori di giustizia.
“Ho ritrattato, ma ero sotto minaccia”, avrebbe ammesso Caforio. A costringerlo a ritrattare sarebbe stato Marco Barba.
La testimonianza di Toma sarebbe stata invece utilizzata per ricostruire i rapporti e gli intrecci tra le famiglie della cosiddetta quarta mafia. Il collaboratore di giustizia infatti avrebbe raccontato che Francesco Prudentino (alias Ciccio la busta, il boss del contrabbando), gli chiese di “stornare” dieci dei 700 milioni di debito (legato proprio al contrabbando) che vantava nei suoi confronti e a consegnargli ai Padovano. Toma avrebbe consegnato quei soldi ad una persona vicina al clan Tornese.
Manis poi, il terzo collaboratore sentito in aula, avrebbe fatto invece cenno all’omicidio di nino Bomba del 6 settembre 2008, confermando che il mandante fu proprio il fratello Rosario. Lo stesso Rosario che, insieme agli altri 5 imputati è oggi dietro le sbarre per quel delitto, oltre che che per l’omicidio di nenè greco, che risale al lontano 13 agosto 1990. Un delitto avvenuto nell’ambito della gestione del traffico di sostanze stupefacenti. Greco avrebbe spacciato ingenti quantitativi di droga sul territorio di Gallipoli da cane sciolto, senza rendere conto della sua attività all’organizzazione.
Prossima udienza il 16 febbraio.