LECCE – Nuovo rinvio a giudizio nell’intricata e complessa vicenda giudiziaria sulla morte del consigliere del Pd leccese Carlo Benincasa per un presunto caso di malasanità. Il gup Simona Panzera ha spedito sotto processo Sandra Linciano, 39enne leccese, operatrice del 118, con l’accusa di omicidio colposo. L’istruttoria scatterà dal prossimo 27 aprile davanti al giudice monocratico Silvia Minerva. Sui banchi di un’aula di Tribunale siederanno anche la moglie e il figlio di Benincasa costituitisi parte civile con gli avvocati Stefano Prontera e Paolo Pepe. In ballo c’è una richiesta risarcitoria di due milioni di euro. All’istruttoria dibattimentale prenderà parte anche l’Asl citata a giudizio come responsabile civile.
Il decesso del noto e stimato politico leccese risale al 19 aprile del 2011. Secondo l’accusa, l’operatrice, finita sotto processo, avrebbe sottovalutato la gravità dei sintomi che il figlio di Benincasa le aveva comunicato per telefono. Nello specifico, avrebbe omesso di riferire al personale delle due ambulanze inviate sul posto che il paziente in passato era stato colpito per due volte da un edema polmonare. Una tesi confutata con forza dalla difesa. L’avvocato Ester Nemola, in sede di udienza preliminare, ha prodotto il protocollo operativo della centrale del 118 per dimostrare come l’operatrice si sia attenuta alle direttive avendo assegnato al caso un codice giallo poi modificato in rosso. Sul banco degli imputati è già finita un’altra infermiera: la 42enne di San Cesario Katiuscia Pedone. Originariamente nel registro degli indagati erano finiti sei soggetti. Per cinque il gup Stefano Sernia aveva disposto sentenza di non luogo a procedere chiedendo al pubblico ministero di valutare la posizione dell’operatrice (entrata solo in quel momento nelle carte dell’indagine).
Nel corso dell’inchiesta, la Procura aveva avanzato richiesta di archiviazione per ben due volte non rilevando carenze o pecche nei soccorsi. Successivamente il gup Vincenzo Brancato dispose l’imputazione coatta nei confronti del personale del 118 sulla scorta dell’opposizione presentata dagli avvocati della famiglia Benincasa. L’indagine venne messa in moto con una circostanziata querela depositata dalla moglie e dal figlio del politico. I familiari sollevarono dubbi sulla efficacia e la tempestività fornita nei soccorsi. Sarebbe venuto meno il corretto approccio terapeutico in caso di edema polmonare acuto e non sarebbe stato utilizzato il defibrillatore automatico.
Benincasa, secondo l’ipotesi accusatoria, sarebbe stato collocato in una posizione supina che avrebbe aggravato lo stato di salute. Per le linee guida della comunità scientifica nazionale e internazionale il paziente avrebbe dovuto assumere una posizione seduta. A dire della Procura, in casi così gravi anche un intervento immediato, l’utilizzo di un defibrillatore o un ricovero in ospedale non avrebbero potuto evitare la tragedia.
F.Oli.