di Francesco Oliva
NARDO’ (Lecce) – Rapinato del giubbotto e delle scarpe, costretto a masturbarsi nei bagni pubblici e infine deriso e umiliato dai suoi aguzzini che immortalano la scena con un telefonino. Un caso di bullismo sfrenato e deviato arriva da Nardò. E questa volta per i presunti autori di una gogna prima pubblica e poi social è scattato l’arresto. Nei guai sono finiti J.S., 15 anni neppure compiuti e F.S., di 17. Risiedono entrambi a Nardò. Sono accusati di rapina, sequestro di persona, violenza sessuale aggravata, pornografia minorile e tentata estorsione. I due giovanissimi sono stati trasferiti in una comunità minorile sulla scorta delle indagini tanto veloci quanto incisive condotte dai carabinieri di Nardò (guidati dal luogotenente Giuseppe Serio) e dai colleghi della Compagnia di Gallipoli (diretti dal capitano Francesco Battaglia) e coordinate dal pubblico ministero Imerio Tramis. “La pervicacia degli indagati”, scrive il gip Aristodemo Ingusci nell’ordinanza, “ne caratterizza in modo estremamente negativo la personalità descrivendoli come soggetti naturalmente inclini alla prevaricazione dell’altrui dignità e privi di qualsivoglia scrupolo morale”.
Il grave episodio di bullismo risale al 21 novembre scorso. La vittima, di neppure 15 anni, risiede in un comune del circondario e come ogni mattina aveva raggiunto Nardò dove frequenta un istituto superiore. Nei pressi della fermata, però, viene avvicinato dai due bulli (che conosce di vista) con i quali dopo un iniziale rifiuto raggiunge Piazza Salandra dove viene invitato a entrare nei bagni. La vittima si oppone e viene colpito con un calcio alla schiena. Il più violento risulta F.S. Obbliga il ragazzino a sfilarsi il giubbotto (un Napapjiri di colore nero) e le scarpe Nike e a lasciare gli indumenti nelle mani dei suoi aguzzini. Spinto in uno dei bagni viene così costretto a masturbarsi nonostante le resistenze del giovane. Una scena finita anche nella memoria del telefonino di F.S per immortalare quel momento come un ricordo di cui andare fieri. Il giovane riprende la sequenza posizionandosi sul muro di divisione del bagno confinante. Non contenti i due balordi intimano la vittima di presentarsi il giorno dopo con 10 euro per riavere gli indumenti rapinati.
Il minorenne, però, non rispetta l’accordo. Non parla. Ha paura. L’indagine viene avviata nell’immediatezza del fatto. Il video diventa virale. Gira da un telefonino all’altro. Viene condiviso e commentato. Il filmato, della durata di quasi due minuti, finisce sul cellulare di un ragazzo che decide di presentarsi in casa della vittima per esibirlo ai genitori. Il video viene così acquisito. Le immagini sono inequivocabili. Padre e madre non perdono tempo. Si presentano in caserma e denunciano le sevizie e le umiliazioni subìte dal figlio.
Scattano le indagini. I carabinieri estrapolano le immagini di videosorveglianza installate in prossimità dei bagni pubblici che riprendono gli indagati e la persona offesa all’ingresso e all’uscita in tempi sostanzialmente compatibili con quelli riferiti dal minore in denuncia. In particolare dalla visione dei filmati risulta che F.S., all’uscita, indossa effettivamente il giubbotto “Napapjiri”. I riscontri trovano consistenza nelle ore immediatamente successive quando i carabinieri si presentano in casa del 14enne e sequestrano il giubbotto. E’ ormai una corsa contro il tempo. La vittima viene nuovamente avvicinata da F.S. all’uscita di scuola. Ha capito che il ragazzino ha denunciato e lo minaccia nuovamente.
Sulla scorta di tutti questi elementi a sostegno della versione della persona offesa i carabinieri depositano un’articolata informativa presso la Procura dei Minori che induce il pm Imerio Tramis a chiedere una misura cautelare spiccata dal gip Ingusci. F.S. è difeso dall’avvocato Tommaso Valente; J.S., invece, dagli avvocati Massimo Muci e Marcello Risi.