Il territorio salentino è composto in parte da rocce soggette al carsismo, un fenomeno di dissoluzione del calcare dovuto all’azione chimica che esercitano le acque meteoriche sulle rocce carbonatiche, creando fenditure per un loro rapido assorbimento o cavità per la loro circolazione sotterranea.
La morfogenesi carsica salentina, pur non essendo di facile inquadramento cronologico, può essere suddivisa in quattro fasi.
– La prima carsificazione è riferibile all’età paleogenica, la fase iniziale dell’era Cenozoica o Terziaria, con inizio 65 milioni di anni fa, quando all’interno dello scenario dei sommovimenti che produssero anche l’orogenesi delle Alpi, emersero le potenti piattaforme carbonatiche carsificabili del Salento che si erano formate nell’età triassico-cretacea, tra i 225 e i 65 milioni di anni fa.
Il fenomeno di tale prima carsificazione, definita di “tipo tropicale”, avvenne per la dissoluzione del calcare sugli altri agenti morfogenetici componenti le piattaforme carbonatiche e le interessò per lungo tempo durante il Terziario.
Le rocce di questa prima fase hanno aspetti carso-tabulari, con spessore di poche centinaia di metri. Sono visibili solo sulle sommità di alcune serre (es: Monte Vergine) e rimandano a un originario modellamento molto esteso, che all’epoca interessò i luoghi allora poco elevati di molte regioni dell’area che poi diventò mediterranea e che oggi appartengono all’Italia, alla Francia, alla Corsica, al Libano, all’Albania.
Nel tempo successivo, compreso tra l’Oligocene (37-26 milioni) e il Miocene (26-5,2 milioni), tale fenomeno carsico venne interrotto dalle trasgressioni marine che accompagnarono proprio la formazione del Mediterraneo.
– La seconda fase morfogenetica di tipo carsico si verificò nel Pliocene (5,2-3,1 milioni di anni fa), quando il paesaggio fu eroso in superficie. Di quello strato di età prevalentemente pliocenica, poi ricoperto dai sedimenti dei cicli successivi, restano le poche tracce localizzate nelle brecce e conglomerati che riempiono le cavità dei banchi di Pietra leccese formati nel Miocene in cicli compresi tra i 26 e i 5,2 milioni di anni fa.
– La terza fase di carsificazione si verificò nell’era Quaternaria, quando, in un periodo compreso tra la fine del Pleistocene inferiore e la prima parte del Pleistocene medio, una distensione di origine tettonica orientata da NE a SW modificò l’assetto strutturale del Salento creando sistemi di faglie e fosse tettoniche. Un esteso processo di forme carsiche interessò tanto il sottosuolo, quanto la superficie emersa dell’epoca, che era ad un livello più basso dell’attuale.
– La quarta fase morfogenetica di tipo carsico si verificò alla fine del Pleistocene medio, quando tra le rocce porose del Pliocene superiore e l’inizio del Pleistocene, si formarono delle cavità verticali sub-cilindriche, denominate solution pipes. Queste sono nascoste (criptosoluzioni) sotto lo strato fossilizzato dei “Depositi marini terrazzati” formati con i sedimenti sabbioso-limosi accumulati a partire dalla fine del Pleistocene medio.
Le formazioni carsiche “verticali nascoste” oggi sono rese visibili nei punti di abrasione ed erosivi dello strato non calcareo e non carsificabile dei depositi superficiali nell’area adriatica e nelle aree interne, dove sono state messe in luce dai tagli a sezione verticale operati per formare trincee stradali o fronti di cava.
CAVITA’ CARSICHE DELLE AREE INTERNE SALENTINE
LE DOLINE
L’attuale sistema carsico del Salento risulta essere connesso con il paesaggio formatosi nella terza fase di carsificazione, quando, dopo un breve periodo di continentalità compreso tra la fine del Pleistocene inferiore e l’inizio del medio, alla fine del Pleistocene medio il territorio fu nuovamente invaso dalle acque del mare, che depositarono gli strati di sedimenti marini che oggi modellano la più recente superficie sub-aerea. Detti ‘Depositi marini terrazzati’, tali recenti sedimenti si accumularono sulla superficie dell’epoca e la fossilizzarono. Coprirono avvallamenti, che resero carsici, creando delle cavità sottostanti.
In seguito, durante il Pleistocene superiore e l’attuale Olocene, iniziato nel 10.000 a.C., l’azione delle acque di superficie, assottigliando lo strato dei depositi marini terrazzati, creò delle ‘doline’, ossia degli avvallamenti del terreno di forma sub-circolare in corrispondenza delle cavità carsiche fossilizzate del Pleistocene medio.
In “Caratterizzazione geomorfologia degli inghiottitoi carsici (Vore) della Provincia di Lecce” (l’analisi svolta nel 2004 dal prof. Paolo Sansò e dal dott. Gianluca Selleri, del Dipartimento di Chimica, Fisica e Geologia ambientali- Dipartimento di Scienza dei Materiali dell’Università degli Studi di Lecce) gli autori distinguono alcuni tipi di doline evolventi in vore:
-doline di ricarica puntuale
-doline alluvionali
-doline da crollo
-doline di soluzione normale
– DOLINE DI RICARICA PUNTUALE
Corrispondono ai luoghi di confluenza di corsi d’acqua, incanalati in superficie da un terreno poco permeabile e non carsificabile verso gli strati ipogei dell’epicarso, composto da roccia carbonatica dalla permeabilità molto elevata e assorbente.
– DOLINE ALLUVIONALI (COVER SINKHOLES)
Sono delle depressioni, che si formano su una superficie composta da sedimenti non carsificabili, nelle quali possono confluire e ristagnare le acque meteoriche.
L’avvallamento del terreno si forma per percolazione delle acque verso lo strato sottostante formato da rocce carbonatiche, dove la presenza di cavità carsiche richiama i sedimenti di copertura, senza riuscire, tuttavia, a forare il terreno per creare una connessione diretta.
– DOLINE DI CROLLO (CAVE-COLLAPSE SINKHOLES)
Si determina una dolina di crollo quando la depressione formatasi tra i sedimenti non carsificabili e non permeabili di superficie fa implodere la volta della cavità carsica sottostante creando un inghiottitoio carsico (o ‘vora’), nel quale oltre ai detriti del tetto franato, possono affluire le acque di un corso d’acqua endoreico, che scorre in superficie.
– DOLINE DI SOLUZIONE NORMALE
Sono doline di soluzione normale alcune vore originate per un’accelerata corrosione di rocce dell’epicarso dalla elevata permeabilità, che si dissolvono al di sotto della superficie di sedimenti non carsificabile e poco permeabile, creando aree depresse dove affluiscono flussi idrici di superficie e sedimenti di copertura colluviali, generalmente rappresentati da terre rosse.
SITUAZIONE RECENTE E ATTUALE DEL TERRITORIO SALENTINO
In P. Sansò e G. Selleri “Caratterizzazione geomorfologia degli inghiottitoi carsici (Vore) della Provincia di Lecce”, pag. 41-42, si legge:
“Nel complesso i condizionamenti pianificati o occasionali apportati in diverse località alla rete idrografica ed agli inghiottitoi durante gli ultimi 150 anni hanno profondamente alterato gli equilibri che regolano l’assetto idrico e idrogeologico del territorio provinciale non essendo basati su validi presupposti di carattere geologico, idrogeologico e geomorfologico ed hanno avuto un notevole impatto sull’ambiente naturale, accelerando la dinamica naturale dei processi in atto o innescando nuovi processi morfogenetici”.
Nel Salento il ‘sistema endoreico’ più importante è composto dal Canale Asso, che si estende dall’area nord di Collepasso all’area di Nardò.
Tale rete idrica di superficie ha subito molti interventi, che ne hanno modificato l’andamento naturale dei processi idrologici originari.
L’insufficiente capacità di ricezione, di assorbimento e di smaltimento delle acque di superficie da parte degli inghiottitoi carsici naturali, spesso dovuta ai detriti colluviali che si accumulano ostruendo le aperture, crea il fenomeno allarmante della subsidenza rapida, provocata da intensi e turbolenti flussi idrici, che producono effetti erosivi del territorio e formazione di doline di crollo.
Il fenomeno delle aperture di voragini anche di grandi dimensioni (Cave-collapse sinkholes) si è andato intensificando negli ultimi anni nel mondo a causa di fenomeni metereologici estremi connessi con le modificazioni climatiche del pianeta.
Nel Salento, il 13 marzo 1996 nell’area di Nociglia in cui scorre il Canale Fontanelle, dopo due giorni di piogge eccezionali che provocarono l’aumento delle portate di massima piena consentite dal sistema carsico ‘Vora Spedicaturo, si formò una ‘dolina di crollo’, detta “Vora Nuova”, una cavità di m.19 x 20, che si aggiunse ad altre due già esistenti in un territorio ampiamente carsico.
Poco tempo prima era stato rinvenuto nei pressi il dolmen denominato “Sarcinella” (dal nome dello scopritore), prima riconosciuto dalla Soprintendenza e poi abbandonato a se stesso e all’incuria degli uomini.
Quei megaliti, una volta eretti per stabilizzarne i flussi elettromagnetici, oggi non più riconosciute le loro importanti funzioni di ‘catalizzatori e normalizzatori di flussi elettromagnetici’, non riescono più ad offrire il loro contributo equilibrante per la morfologia sotterranea e di superficie del territorio carsico salentino.