SPECCHIA (Lecce) – Rischia di avere un solo e unico responsabile l’inchiesta sull’omicidio di Noemi Durini, la studentessa di Specchia uccisa dal fidanzatino il 3 settembre del 2017 a soli 15 anni. La gip Alessandra Sermarini ha rigettato l’opposizione alla richiesta di archiviazione a carico dei genitori di Lucio Marzo, l’omicida reo confesso della sua fidanzatina: Biagio Marzo e Rocchetta Rizzelli, inizialmente iscritti nel registro degli indagati con l’accusa di occultamento di cadavere.
Per la giudice, sollecitata per la terza volta a trovare eventuali complicità nell’omicidio della 15enne di Specchia, non può essere provata la presenza dei genitori di Lucio Marzo sul luogo dell’occultamento del corpo di Noemi Durini e ulteriori indagini non consentirebbero di raggiungere la prova della loro partecipazione all’occultamento del cadavere dopo la richiesta di nuovi accertamenti su alcuni massi e sull’auto utilizzata dall’assassino per raggiungere le campagne di Castrignano del Capo dove Noemi venne ammazzata e sepolta sotto un cumulo di pietre; l’auto, a parere della giudice, apparteneva ai genitori e accertare o meno l’eventuale presenza di Dna sarebbe risultato irrilevante. Sono stati poi valorizzati i colloqui fra il padre e Lucio in carcere, durante i quali non si fa cenno all’ipotesi che i genitori lo avessero aiutato a seppellire la ragazza.
Una guerra giudiziaria ma anche di nervi fra due famiglie che hanno vissuto sempre al limite della tensione una vicenda estremamente dolorosa; una ferita troppo grande che niente e nessuno potrà rimarginare nei familiari di Noeimi. “Noi non ci fermiamo – commenta mamma Imma – e proporremo una riapertura delle indagini perché siamo convinti che alcuni elementi non siano stati approfonditi. Questi elementi potranno portare ad una condanna”. E a riportare un filo di serenità non è servita a nulla neppure la recente condanna inflitta ai genitori dell’assassino per aver infangato la memoria della figlia su alcuni programmi nazionali. “Era una poco di buono, se la faceva con i più grandi di lei, ha rovinato nostro figlio” hanno detto più volte davanti ad una telecamera mentre gli inquirenti verificavano in quegli stessi mesi se i genitori dell’omicida avessero avuto qualche ruolo nella scomparsa della ragazza. Accertamenti su decine e decine di telecamere in particolare i filmati di una stazione di servizio; verifiche sull’auto e sugli indumenti con cui Lucio è rientrato a casa dopo aver compiuto il delitto.
Su questo fronte le indagini non hanno mai portato ad ipotizzare qualche complicità nonostante mamma Imma abbia sempre sostenuto che Lucio non aveva potuto fare tutto da solo. Dalle indagine svolte dal pool investigativo dei familiari della vittima (assistiti dall’avvocato Claudia Sorrenti) erano stati evidenziati dei punti oscuri nella ricostruzione dei fatti descritti dall’assassinio condannato in via definitiva a 18 anni e 8 mesi di reclusione. Non sufficienti per rispolverare un fascicolo per il quale la pm Donatina Buffelli aveva già chiesto per due volte l’archiviazione intervallata dalla decisione dell’allora gip Vincenzo Brancato di avviare nuovi accertamenti. Ad assistere i genitori di Lucio, gli avvocati Luigi Piccinni e Stefano De Francesco.