LECCE – “L’era dell’orange wine è arrivata davvero. La grande reperibilità di questo tipo di vino, la sua notorietà e il suo gradimento sono senza dubbio una rivoluzione, qualunque sia il colore o la sfumatura con cui viene identificato.”. Così il wine writer Simon J. Woolf scrive nella prefazione all’edizione italiana del suo libro ‘Amber Revolution’, pubblicata dalla casa editrice di Casarano Ampelos. Edizioni Ampelos è specializzata nel settore vitivinicolo e nasce nel 2019 da un’idea di Andrea Fattizzo e dalla sua riflessione scaturita da varie letture di importanti testi in lingua straniera riguardanti il vino, molti dei quali non erano stati pubblicati nel nostro Paese. ‘Amber Revolution’ è un viaggio culturale e sociale nella storia dei vini bianchi macerati, lo stile di vino più antico, caratteristico ed equivocato al mondo. La traduzione italiana di questo libro era quasi doverosa, considerando che l’Italia produce una così vasta gamma di questi vini orange, ambrati o macerati, come dir si voglia, che oggi rappresentano, a tutti gli effetti, il quarto colore del vino.
Di tutto questo si è parlato in occasione della presentazione della versione italiana del libro di Woolf presso Liberrima a Lecce, in un confronto tra Andrea Fattizzo e Clemente Zecca, titolare della cantina Conti Zecca, che ha deciso di cimentarsi proprio con l’orange wine. Tramite le domande di Valentina Ottobre, responsabile di Gusto Liberrima, l’enoteca di Liberrima, l’editore e il produttore hanno fatto un excursus sulla storia, le caratteristiche principali e le controversie riguardo gli orange wine. Durante l’incontro i partecipanti hanno degustato Calavento e Calavento Orange, le due versioni della Malvasia bianca di Conti Zecca: la prima vinificata secondo le tecniche standard che consentono di avere un vino bianco limpido e fresco, la seconda, invece, è l’interpretazione del vitigno autoctono tramite una prolungata macerazione delle uve e un affinamento in anfore di terracotta, che rendono il vino più complesso e strutturato.
La serata è stata occasione per riflettere su una tipologia di vino di cui nel sud Italia si parla ancora poco ma che, in realtà, ha profonde radici nella nostra tradizione contadina e che oggi può essere rivalorizzata con le moderne conoscenze agronomiche e tecnologiche acquisite. Il consumatore è sempre più aperto ed eclettico nelle scelte e forse è tempo che gli orange wine non siano più considerati come prodotti di nicchia ma come vini da equiparare ai bianchi, rossi e rosati, con una propria identità.