LECCE/CASARANO – “Aveva previsto i tempi, più lunghi di quelli reali, aveva previsto per Eleonora atti sessuali con tortura che non ci furono perché la ragazza morì prima”. È uno dei passaggi più inquietanti contenuti nelle 170 pagine di motivazioni depositate dai giudici della Corte d’Assise di Lecce (Presidente Pietro Baffa) a poco più di un mese dalla fine del processo di primo grado in cui è stato condannato all’ergastolo il 22enne Antonio De Marco, omicida reo confesso dell’arbitro leccese Daniele De Santis e della sua fidanzata Eleonora Manta. Nella parte finale delle motivazioni si parla di “invidia maligna verso coloro che avevano ciò che a lui mancava, maturando nei confronti di queste persone un insano desiderio di vendetta”. L’invidia manifestata nelle forme più disparate e violente: l’accanimento contro i suoi due ex inquilini ammazzati nel loro primo giorno di convivenza con 69 coltellate.
Per i giudici, De Marco era assolutamente in grado di stare a processo e di intendere e volere, nonostante i suoi disturbi di tipo “narcisistico” come emerso dalle varie consulenze. “Nella letteratura giudiziaria – annota la Corte – è raro assistere a un omicidio con un programma criminoso messo per iscritto punto per punto, quindi pianificato con dovizia di dettagli, alla stregua di un progetto da rispettare in ogni parte”. L’assassino, insomma, avrebbe agito da serial killer. E per questo a De Marco è stata contestata l’aggravante della premeditazione come, peraltro, aveva richiesto la stessa pm Maria Consolata Moschettini a conclusione della sua requisitoria. “Il pm ha dichiarato davanti alla corte che De Marco ha detto o ha scritto che se avesse un coltello saprebbe lui cosa fare ai giudici che lo processano”.
Gli stessi giudici si sono poi soffermati anche sui disegni che hanno, in qualche modo, accompagnato lo studente di Scienze infermieristiche nei mesi che hanno preceduto il duplice delitto. “Trattasi di disegni rituali simbolici, che evocano emblemi satanico-massonici di chiara ed evidente lettura. Non è chiaro in che misura De Marco fosse legato a questa simbologia. Ha ucciso perché voleva uccidere – si legge nelle motivazioni – perché nell’omicidio era vittorioso, trovava la compensazione alle sue frustrazioni e per questo lo commetterebbe ancora se incontrasse sul suo cammino altre persone che amplificassero le sue frustrazioni”. Depositate le motivazioni, gli avvocati difensori, Andrea Starace e Giovanni Bellisario, valuteranno se presentare ricorso in Appello e una nuova perizia psichiatrica.